Imprese concorrenti possono usare le stesse parole nel marchio?

L’imprenditore, al fine di distinguere la propria attività ed i propri prodotti dalla concorrenza, utilizza alcuni segni distintivi: la ditta, l’insegna ed il marchio.

 

La ditta ha la funzione di identificare l’imprenditore come soggetto di diritti. Essa, quindi, è il nome sotto cui l’imprenditore esercita l’attività ed è obbligatoria. L’art. 2563 c.c., esige che la stessa includa almeno il cognome o la sigla del titolare.

L’insegna, invece, identifica un determinato stabilimento nel quale l’attività imprenditoriale viene esercitata. È l’emblema affisso sulla porta dei locali in cui opera l’impresa.

Infine, il marchio identifica i prodotti o servizi di un’impresa. Lo stesso può essere formato da nomi ed immagini.

 

In caso di imprese concorrenti, poiché la ditta designa il nome sotto cui l’imprenditore esercita l’impresa, senza avere diretta attinenza con i prodotti fabbricati o venduti o con i servizi resi, distinguendosi in tal senso dal marchio, è consentito che un’impresa inserisca nella propria ditta una parola che faccia già parte del marchio di un’altra concorrente, la quale operi nello stesso mercato.

Quella stessa parola, però, non è utilizzabile anche come marchio, in funzione della presentazione immediata o mediata dei prodotti e servizi offerti.

 

In tal senso si è pronunciata la Cassazione in seguito al ricorso proposto dal titolare di una ditta di caffè nei confronti di un concorrente, al fine di dichiarare la nullità del marchio da quest’ultimo utilizzato, per mancanza dell’elemento di novità.

I marchi “Tazza d’oro” e “Caffè Tazza d’Oro”, infatti, venivano qualificati come marchi forti, in ragione della fantasia ed originalità espresse nell’accostamento tra parole e raffigurazione grafica di una tazzina.

Data la portata individualizzante degli stessi, venne dichiarata la nullità del marchio registrato dal convenuto, in quanto mancante del requisito della novità. Lo stesso, però, poteva continuare ad utilizzare le parole “Tazza d’Oro” come ditta, in ragione del principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui è lecito inserire nella propria ditta una parola che già faccia parte di un marchio di cui sia titolare altro imprenditore concorrente, ma non risulta consentito usare quella parola anche come marchio”.

 

Autorità: Cassazione civile

Data: 02.11.2015

Numero: 22350

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