
L’obbligo del datore di lavoro di preservare l’integrità psico fisica del lavoratore e l’obbligo di iscrizione all’INAIL
Come noto, sul datore di lavoro incombe la responsabilità di predisporre tutte le misure e le cautele atte a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro (art. 2087 c.c.).
Dato che il datore di lavoro è sempre responsabile nei confronti del lavoratore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore, quest’ultimo ha sempre diritto ad ottenere l’integrale ristoro dei danni, patrimoniali e non, subiti in caso di infortunio o di malattia professionale, tutte le volte in cui essi siano riconducibili alla responsabilità civile datoriale.
Per tale ragione, la legge obbliga i datori di lavoro, che impiegano lavoratori dipendenti e parasubordinati nelle attività che la legge individua come rischiose, di iscriversi all’INAIL.
Dal 16 marzo 2000, tale obbligo è stato esteso ai collaboratori coordinati e continuativi, ai dirigenti e agli sportivi professionisti.
L’indennizzo INAIL
Nelle ipotesi di infortunio sul lavoro o di malattia professionale il lavoratore è assistito da prestazioni sanitarie ed economiche devolute direttamente dall’INAIL, il quale eroga “in automatico” un indennizzo al lavoratore, a prescindere dall’esistenza di un illecito ex art. 2043 c.c., che deve invece essere provato dal danneggiato al fine di ottenere il risarcimento del danno.
L’indennizzo viene calcolato su basi statistiche dei costi di gestione e ha una funzione ontologicamente differente rispetto al risarcimento del danno, motivo per cui spesso non copre del tutto il danno tout court ma il solo danno biologico permanente, con esclusione del danno biologico temporaneo, del danno morale ed esistenziale.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione, il danno biologico coperto dall’INAIL si riferisce esclusivamente e soltanto alla menomazione permanente dell’integrità psicofisica, che può essere assoluta o parziale e decorre dal giorno successivo a quello della cessazione della inabilità temporanea (cfr Cass. Civ. 6503/2022).
Detto diversamente, l’ente previdenziale indennizza l’infortunato solo per la sua inabilità assoluta di svolgere la sua attività lavorativa, dandogli un sostentamento economico a decorrere dal quarto giorno successivo alla data di infortunio, compresi i giorni festivi, fino alla guarigione clinica e garantisce unicamente contro i danni patrimoniali.
Il danno differenziale
A differenza dell’indennizzo dell’INAIL, il danno differenziale trova il proprio riconoscimento nell’articolo 32 della Costituzione (tutela del diritto alla salute) ed è finalizzato a risarcire il lavoratore del danno complessivamente patito e subito in conseguenza dell’evento che ha determinato il suo infortunio o la sua malattia professionale, compreso, quindi, non solo il danno patrimoniale e biologico, ma anche quello morale ed esistenziale.
Il lavoratore viene così ristorato tout court per il danno alla salute e alla capacità reddituale, per il peggioramento della qualità della vita e per il suo turbamento interiore, derivanti dall’infortunio o dalla malattia.
Il danno differenziale, a differenza dell’indennizzo dell’INAIL, non è automatico ma deve essere dimostrato dal lavoratore, il quale, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dovrà provare: il verificarsi dell’evento dannoso, la sua configurabilità come illecito in quanto prodottosi a seguito di un comportamento colposo del datore di lavoro o di un terzo e il nesso causale tra i due punti precedenti.
Tuttavia, la prova da parte del lavoratore della sussistenza di tutti i presupposti di cui all’art. 2043 c.c. non comporta in automatico il riconoscimento del danno differenziale, che è il risultato della differenza tra ciò che è stato erogato per effetto della copertura assicurativa dall’INAIL e quanto risarcibile, secondo gli ordinari criteri civilistici, dal datore di lavoro quale diretto responsabile dell’inadempimento (art. 2087 c.c.) o dell’illecito (art. 2043 c.c.).
In altre parole, per ottenere il danno differenziale si deve sottrarre al danno complessivamente patito dal lavoratore, calcolato secondo i criteri civilistici, quello già indennizzato dall’INAIL.
Va da sé, che qualora il danno subìto non superi l’indennità già liquidata all’infortunato, non avrà luogo alcun risarcimento, quindi: non si applica il danno differenziale (cfr articolo 10 del D.P.R. n. 1124/1965 commi 6, 7, 8).
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