
Con ordinanza n. 6662 del 2025, la Corte di Cassazione ha fornito importanti delucidazioni sulle conseguenze processuali dell’estinzione di una società di capitali mentre è parte di un giudizio pendente, a tal fine ricordando anche i limiti e la consistenza di un’eventuale responsabilità degli ex soci per debiti rimasti insoluti dopo l’estinzione.
La vicenda
La società a responsabilità limitata Alfa lamentava addebiti ingiustificati da parte della Banca Beta, in relazione al rapporto di conto corrente in essere tra i due soggetti. Dopo aver esperito un tentativo di conciliazione e promosso un procedimento per accertamento tecnico preventivo, entrambi risultati vani, la società Alfa instaurava un procedimento sommario di cognizione, chiedendo al Tribunale di Pistoia di accertare l’ammontare degli addebiti illegittimi per interessi e commissioni non dovuti, con rideterminazione del dare-avere tra le parti e, di conseguenza, ottenere la condanna della Banca Beta alla restituzione delle somme indebitamente percepite, quantificate in Euro 296.040,23. A seguito dello svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio, il Giudice di primo grado accertava l’illegittimità dell’addebito in conto corrente di interessi passivi ultra-legali, di commissioni di massimo scoperto e di spese non specificamente convenute per iscritto, nonché l’illegittima capitalizzazione trimestrale di interessi passivi, condannando quindi la banca al pagamento in favore della società Alfa della somma complessiva di Euro 223.752,81. L’istituto di credito, allora, impugnava tale decisione dinanzi la Corte d’Appello di Firenze, la quale doveva dichiarare l’interruzione del giudizio a causa dell’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della società Alfa, che risultava quindi estinta. Pur venendo riassunto da parte della banca nei confronti degli ex soci, il Giudice di secondo grado ha ritenuto fondata l’inammissibilità della pretesa eccepita da questi ultimi. Veniva così adita la Corte di Cassazione.
La decisione
Richiamando un orientamento già consolidato in tema di contenzioso tributario, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso dedotto dalla Banca Beta e ha chiarito che, qualora l’estinzione società di capitali interviene in pendenza di un giudizio, nel quale la stessa riveste il ruolo di parte processuale, l’impugnazione del provvedimento conclusivo di quel giudizio deve provenire dai soci o, nel caso opposto, dev’essere indirizzata verso i soci succeduti alla società estinta, a pena d’inammissibilità. Tale principio di diritto, sempre secondo la Corte, deriva dal riconoscimento che il limite della responsabilità in capo agli ex soci per i debiti sociali rimasti insoluti dopo la liquidazione della società estinta ex art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale, ma, al massimo, sull’interesse ad agire dei creditori sociali. D’altro canto, il Giudice osserva che proprio quest’ultimo interesse non può essere automaticamente escluso dalla circostanza che gli stessi ex soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale all’esito dell’avvenuta estinzione della società, potendosi rinvenire anche altri beni o diritti trasferiti agli ex soci, pur se non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta.
In conclusione, con l’ordinanza n. 662 del 2025, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sulla legittimazione processuale relativa all’impugnazione di un provvedimento conclusivo del giudizio, durante il quale si sia verifica l’estinzione di una società di capitali. Risulta necessario, infatti, valutare con attenzione le conseguenze dell’estinzione e della conseguente liquidazione di essa e, quindi, i limiti e la consistenza di un’eventuale responsabilità in capo agli ex soci ex art. 2495 c.c., il tutto contestualizzato in relazione alla specifica situazione concreta.
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