Secondo quanto si apprende dalla stampa, in questi giorni la Banca Popolare di Vicenza sarebbe stata condannata al risarcimento del danno a favore di un’azionista, per non averla adeguatamente informata sulla tipologia di titoli finanziari acquistati e sulle conseguenze di tale acquisto.

Sul piano giuridico è interessante analizzare le motivazioni di tale decisione:

In tema di servizi d’investimento la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto sulla natura e le caratteristiche del titolo, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alla situazione personale e finanziaria del cliente.

Risulta quindi configurabile la responsabilità dell’intermediario finanziario, nel caso in cui lo stesso abbia dato corso ad un ordine ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso.

Ai fini della risarcibilità del danno subito è sufficiente che l’investitore alleghi l’inadempimento delle obbligazioni poste a carico della banca o dell’intermediario e che provi che il danno sia conseguenza di tale inadempimento, incombendo sugli stessi l’onere di dimostrare di avere invece rispettato le disposizioni di legge e di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Il Tribunale di Verona si è espresso per la prima volta in tal senso, accogliendo la domanda di risarcimento avanzata da un’azionista della Banca popolare di Vicenza, la quale aveva acquistato, tra il 2009 ed il 2010, centinaia di azioni della stessa banca, dietro suggerimento dell’impiegato bancario, il quale affermava che il prodotto fosse sicuro e privo di rischi.

Nel 2014 l’attrice, bisognosa di liquidità per l’acquisto di un immobile per la figlia, si rivolgeva alla banca per procedere alla vendita delle azioni. Quest’ultima rifiutava tale richiesta, adducendo la propria impossibilità al riacquisto di azioni proprie, in quanto risultava obbligatoria l’autorizzazione dell’Autorità di vigilanza.

Nel frattempo avveniva il crollo dei titoli azionari della stessa banca, con la conseguenza che la cliente, così come molti altri azionisti, perdeva irrimediabilmente il capitale investito.

Valorizzando l’importanza di un’informazione “in concreto”, il Tribunale adito riteneva sussistente la responsabilità dell’intermediario, nonostante avesse consegnato alla cliente l’informativa precontrattuale sui servizi ed attività d’investimento, peraltro vaga e generica. Alla stessa, infatti, non non era stato comunicato che i titoli acquistati fossero strumenti finanziari illiquidi e neppure le conseguenze derivanti da tale rischioso acquisto.

Le difese poste in essere dalla Banca sul punto venivano completamente disattese dal Tribunale, il quale affermava altresì che l’intermediario non aveva valutato la conoscenza ed esperienza della cliente in materia di investimento nello specifico settore richiesto, ravvisando quindi una incidenza causale diretta delle predette condotte inadempienti sulle operazioni di investimento compiute. Se fosse stata effettuata correttamente una valutazione di appropriatezza e se l’attrice fosse stata edotta del rischio liquidità, infatti, questa non avrebbe acquistato quelle azioni.

Aprendo la strada a future richieste di risarcimento da parte di tutti gli azionisti malamente ed insufficientemente informati, il Tribunale condannava la Banca a corrispondere alla cliente l’intero capitale investito, pari ad € 40.000, oltre interessi legali, rivalutazione monetaria dalla data di acquisto delle azioni al saldo effettivo ed al rimborso delle spese legali sostenute.

Fonti: Tribunale di Verona, n. 687/2017;

Cass.civ. n. 2535/2016