DISTANZE TRA COSTRUZIONI

Il limite generale è fissato dall’art. 873 c.c. che impone una distanza minima di 3 metri tra le costruzioni erette su fondi confinanti (fatta eccezione per il muro di cinta). Tale distanza non si riferisce ai confini, ma alla costruzione già esistente sul fondo dei vicini, quindi i tre metri vanno contati non dal confine, ma dall’edificio presente sul suolo attiguo.

–  Se il proprietario che costruisce per primo lo fa con distacco dal confine (alla distanza di un metro e mezzo dallo stesso o a quella maggiore stabilita dai regolamenti locali), in tal caso il vicino sarà costretto a costruire alla distanza stabilita dal codice civile o dagli strumenti urbanistici locali.

–  Se il proprietario che costruisce per primo lo fa a distanza inferiore a quella legale o addirittura si spinge sino alla linea di confine, l’altro potrà a sua volta costruire in appoggio o in aderenza all’edificio preesistente.

Nella prima ipotesi il vicino potrà ottenere la comunione del muro e pagare in ogni caso il valore del suolo altrui eventualmente occupato (art. 875 c.c.). Il primo proprietario, preventivamente interpellato, potrà evitare l’occupazione del proprio terreno o arretrando la propria costruzione a distanza legale, o estendendola sino al confine.

Nella seconda ipotesi (art. 874 c.c.) il vicino potrà ottenere la comunione del muro pagandone metà del valore.

Va da sé che il vicino possa decidere anche di rispettare le distanze ordinarie e costruire ad almeno tre metri senza necessariamente dover edificare in appoggio o in aderenza.

Com’è facile intuire, la materia delle costruzioni è generatrice di numerosissimi contenziosi.

Analizziamo alcuni casi esemplificativi che possono comunemente verificarsi.

1) La costruzione di una baracca in lamiera adibita ad autorimessa.

Il caso: i proprietari di un terreno costruivano sulla loro proprietà un fabbricato interrato cui corrispondeva, a livello del suolo, una sorta di baracca in lamiera adibita a garage per autoveicoli. I vicini rilevavano il mancato rispetto delle distanze e pertanto si rivolgevano al Giudice domandandone la demolizione ed il risarcimento del danno. Il caso arriva sino in Corte di Cassazione.

Per i Giudici di legittimità la costruzione di una baracca in lamiera, edificata senza il rispetto delle distanze minime prescritte dal Codice Civile e dai regolamenti edilizi locali vigenti, costituisce illecito civile (Corte di Cassazione, Sez. Civ. II, sent. n. 16687/2014).

Per consolidata giurisprudenza, infatti, “deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall’uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione” (Cass. Civ. sent. n. 20574/2007).

Il fatto che il manufatto in lamiera fosse stato autorizzato dal Comune, è peraltro irrilevante, posto che si tratta di diritti soggettivi dei privati lesi da quella costruzione. Trattasi in ogni caso di opera contra legem.

2) Deroga pattizia alla disciplina legale delle distanze.

 

Il caso: la controversia nasceva per irregolarità commesse da entrambe le parti: parte attrice lamentava il mancato rispetto delle distanze di legge per quanto riguarda le tubature d’acqua, un sopralzo del piano di calpestio, i fori di scarico per l’acqua piovana, la costruzione di un porticato; parte convenuta in via riconvenzionale lamentava la sopraelevazione del tetto del vicino. A complicare la vicenda v’era che risultava sottoscritto tra i vicini una sorta di patto con cui tutte queste opere venivano regolate tra le parti in deroga alle previsioni di legge (una serie di autorizzazione reciproca).

La Corte di Cassazione così decideva.

Una sopraelevazione, quale un sopralzo del colmo del tetto al confine fra le proprietà, “deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante” (ex pluris Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 5049/2018).

Quanto all’asserito consenso scritto derogatorio, tale da escludere ogni illegittimità delle opere eseguite, la Corte rileva che, al fine di mantenere una costruzione a distanza minore di quella prescritta dalla legge, “non è sufficiente un’autorizzazione scritta unilaterale del proprietario del fondo vicino, che acconsenta alla corrispondente servitù, essendo, al contrario, necessario un contratto che, pur senza ricorrere a formule sacramentali, dia luogo alla costituzione di una servitù prediale, ex art. 1058 c.c., esplicitando, in una dichiarazione scritta, i termini precisi del rapporto reale tra vicini, nel senso che l’accordo, risolvendosi in una menomazione di carattere reale per l’immobile che alla distanza legale avrebbe diritto, a vantaggio del fondo contiguo che ne trae il corrispondente beneficio, faccia venir meno il limite legale per il proprietario del fondo dominante, che così acquista la facoltà di invadere la sfera esclusiva del fondo servente” (Cass. Civ., Sez II, Ord. n. 3684/2021).

Inoltre, benchè la giurisprudenza ammetta la possibilità di costituire deroghe pattizie in merito alle norme di cui all’art. 873 c.c., altrettanto non può dirsi in relazione alle norme regolamentari emanate dal comune. Un contratto stipulato tra vicini con lo scopo di derogare alla previsioni dei regolamenti urbanistici costituirebbe una “convenzione senz’altro invalida, trattandosi di norme inderogabili perché non si limitano a disciplinare i rapporti intersoggettivi di vicinato, ma mirano a tutelare anche interessi generali” (cfr. Cass. Sez II, sent. n. 10734/2018; Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 19449/2004; Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 2117/2004, Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 12984/1999; Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 5626/1985).

3) La realizzazione di una tettoia.

La Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva qualificato come costruzione una tettoia aperta di lato e saldamente fissata con la copertura al muro di confine, i cui montanti, pur essendo dei cavalletti mobili, erano cementati al suolo (Cass. Civ. sent. n. 5145/2019).

Ugualmente la tettoia adibita a copertura di un posto auto, pur avendo pareti laterali a graticcio, va considerata alla stregua di una costruzione, col conseguente obbligo di osservanza delle distanze legali ai sensi dell’art. 873 c.c. (Cass. Civ. sent. n. 1272/2014)