La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11678 dell’11 aprile 2022, è tornata a pronunciarsi sul tema della responsabilità del cessionario per i debiti tributari del cedente in caso di cessione di ramo d’azienda, confermando, in continuità con quanto già affermato in alcuni precedenti arresti, che la responsabilità del cessionario, laddove riesca a provare l’autonomia funzionale del ramo di azienda acquisito, è limitata ai soli debiti tributari riferiti all’attività di cui al singolo ramo di azienda oggetto del trasferimento.

La normativa di riferimento

In caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, l’art. 2560 del Codice Civile stabilisce che il cessionario risponde in via solidale dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda anteriori alla cessione, se questi risultano dai libri contabili obbligatori.

Con specifico riferimento ai debiti tributari, al fine di prevenire che mediante un’operazione di cessione d’azienda o di ramo d’azienda si possa recare un pregiudizio all’Erario, l’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 prevede la responsabilità solidale del cessionario per il pagamento di imposte e sanzioni relative a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, oltre che per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in periodi anteriori, entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda acquisito, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente.

In altre parole, in forza della richiamata disposizione l’Erario può rivalersi, oltre che sul cedente, anche sul cessionario dell’azienda o del ramo d’azienda entro i limiti del valore di quest’ultima, a prescindere dal fatto che i debiti tributari in questione risultino dai libri contabili obbligatori.

Il caso

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte traeva origine dalle cartelle di pagamento notificate ad una società nella sua qualità di cessionaria di ramo di azienda, responsabile in solido ex art. 14 del D.lgs. n. 472/1997 per delle imposte dovute dalla cedente. La società impugnava tali cartelle, ritenendo di dover rispondere solo dei debiti tributari inerenti il ramo di azienda ceduto e non dell’intera azienda. A seguito della sentenza di secondo grado favorevole alla società contribuente, l’Agenzia delle Entrate presentava ricorso in Cassazione.

La decisione

Nel definire il giudizio, la Suprema Corte, anzitutto, ricorda come la ratio dell’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997 non corrisponde esattamente a quella perseguita dall’art. 2560 c.c., presentando una finalità specifica ulteriore che è quella di evitare manovre elusive a danno dell’erario.

Rispetto all’art. 2560 c.c., dunque, l’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997 è norma speciale, ma non eccezionale, che introduce una disciplina speciale in tema di cessione di azienda quanto ai rapporti tributari, regolando diversamente gli effetti della cessione sui debiti del cedente rispetto alla normativa codicistica che però, nelle parti in cui non viene derogata, deve comunque ritenersi pienamente operante.

In altre parole, la responsabilità del cessionario del ramo di azienda deve fondarsi, anche per i debiti tributari, sull’inerenza del debito al ramo di azienda ceduto, pertanto, essa non opera per quelle obbligazioni pecuniarie che siano riconducibili ad altro ramo aziendale rimasto di proprietà del cedente.

Tuttavia, sarà onere del cessionario dimostrare non solo la inerenza del debito tributario al ramo di azienda acquistato, ma altresì la sua effettiva e preesistente autonomia funzionale.

L’autonomia funzionale del ramo aziendale, ricorda la Cassazione, consiste nella sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, la funzione cui risultava destinato nell’ambito dell’impresa cedente.

Ciò consente di rispettare appieno la c.d. finalità antielusiva della norma tributaria richiamata, consistente nell’evitare che vengano attuate cessioni di beni aziendali “mascherati” da rami di azienda e a questo scopo è necessario individuare i criteri che permettono di distinguere un vero ramo d’azienda da un mero conglomerato di beni appartenenti alla società cedente.