Conto corrente cointestato e successione ereditaria

Con sentenza n. 4142 del 18/02/2025, la Seconda Sezione della Cassazione Civile ha fornito importanti chiarimenti in materia di titolarità delle somme depositate su un conto corrente cointestato, nel caso in cui tali somme provengano esclusivamente da uno dei cointestatari.

 

La disciplina codicistica in materia di cointestazione del conto corrente

In primis, appare opportuna una breve disamina della disciplina codicistica in materia di cointestazione del conto corrente. Innanzitutto, l’articolo 1298 c.c. introduce al comma 1 il principio di solidarietà attiva e passiva nei rapporti interni tra i vari cointestatari del conto, disponendo che “ Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi”. Il comma 2 dell’art. 1298 c.c. disciplina invece l’importante presunzione per cui le parti di ciascun cointestatario “si presumono uguali, se non risulta diversamente”: in particolare, tale presunzione di contitolarità in parti uguali delle somme depositate presso il conto corrente cointestato può essere superata solo mediante la produzione di prova contraria.

Nel caso in cui uno dei correntisti provi che le somme depositate nel conto provengono esclusivamente da proprie provviste, tali somme possono essere considerate di sua proprietà esclusiva, con conseguente obbligo degli altri correntisti di provvedere alla restituzione delle medesime. In aggiunta, l’art 1854 c.c. sancisce il principio di solidarietà attiva e passiva delle obbligazioni nei confronti di terzi anche nel caso in cui il conto corrente sia intestato a più persone, disponendo che “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”.

Il caso

Nel caso affrontato dalla Sezione II della Corte di Cassazione, gli eredi legittimi di un soggetto defunto avevano citato in giudizio la figlia del de cuius, sostenendo che quest’ultima si fosse illegittimamente appropriata di liquidità e titoli giacenti in un conto corrente cointestato con il de cuius, ma di esclusiva proprietà dello stesso. Gli eredi del de cuius chiedevano quindi la restituzione alla massa ereditaria di tali somme prelevate dal conto dalla figlia del de cuius, e la loro conseguente suddivisione. Mentre la sentenza di primo grado aveva respinto le domande degli eredi legittimi, la sentenza di secondo grado ha invece visto l’accoglimento delle stesse, con l’intimazione alla figlia cointestataria del conto di restituire le somme prelevate dallo stesso. In particolare, la Corte d’Appello di Brescia ha precisato che le somme controverse erano di esclusiva proprietà del de cuius, dovendo quindi la figlia cointestataria restituire alla massa l’intero importo di cui si era appropriata.

La pronuncia della Cassazione

La Corte di Cassazione ha innanzitutto precisato che: “la Corte d’Appello ha ritenuto superata la presunzione di comproprietà delle somme giacenti sui conti cointestati, evidenziando che la provenienza degli importi e dei titoli, appartenenti esclusivamente al de cuius, trovava riscontro negli estratti conto tempestivamente prodotti, da cui emergeva che quegli importi erano frutto di investimenti effettuati dal de cuius stesso o provenienti dalla sua pensione”.

Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto di non potersi ritenere oggetto di illecita appropriazione da parte della figlia cointestataria l’intero importo dei prelievi effettuati sul conto, alla luce del fatto che quest’ultima non aveva redditi o proprie disponibilità, e aveva impiegato le somme prelevate per adempiere agli obblighi di solidarietà familiare a favore del de cuius. Pertanto, la Corte ha ritenuto necessario doversi effettuare una verifica relativa all’uso legittimo o meno delle somme prelevate: solo in seguito a tale accertamento si sarebbe potuto determinare l’importo da restituire alla massa ereditaria.

In sintesi, a Corte di Cassazione ha ritenuto infondato l’addebito alla ricorrente dell’intero importo dei prelievi risultanti dalla documentazione contabile e ha stabilito che il corretto importo da restituire alla massa ereditaria debba essere stabilito solo a seguito di un accertamento dell’impiego della liquidità.

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