Credito del professionista e prescrizione presuntiva

In tema di contratto d’opera intellettuale, con la sentenza n. 15566 del 2024 la Corte di Cassazione fornisce chiarimenti essenziali in merito all’applicazione della prescrizione presuntiva in relazione ai crediti vantati dal professionista.

La vicenda

Un professionista otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento di oltre 244.000,00 euro, a titolo di compensi professionali per la progettazione e la direzione dei lavori per la costruzione di un centro polisportivo sul terreno del committente-debitore. In particolare, il credito, calcolato sulla base del valore dell’opera (oltre 3 milioni di euro), non era stato oggetto di un accordo scritto. Il debitore si opponeva a tale decreto, eccependo l’intervenuta prescrizione presuntiva triennale ex art. 2956, n. 2 c.c.. I giudici di primo e secondo grado respingevano l’opposizione, ritenendo poco verosimile che una somma di tale entità fosse stata pagata esclusivamente in contanti e senza rilasciare alcuna quietanza di pagamento. La questione veniva quindi sottoposta alla Corte di Cassazione, con ricorso presentato dall’erede del debitore ingiunto, in quanto quest’ultimo era deceduto nelle more del giudizio.

La decisione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15566 del 2024, ha accolto il ricorso dell’erede del debitore, ritenendo applicabile la prescrizione presuntiva in assenza di un accordo scritto per il compenso professionale. Preliminarmente, la Suprema Corte ha ricordato che, sebbene possano sorgere obblighi di natura fiscale in relazione alla gestione delle attività economiche o professionali, non è possibile escludere a priori l’esistenza di un rapporto, di natura civilistica, gestito in maniera informale, anche a prescindere dalla tracciabilità delle operazioni. Successivamente, la Corte ha chiarito che l’istituto della prescrizione presuntiva ex art. 2956, n. 2 c.c. si basa sulla presunzione iuris tantum di avvenuto pagamento al professionista del suo credito, senza richiedere la presenza di ulteriori specifici requisiti relativi alla complessità o alla durata della prestazione. La prescrizione presuntiva trova applicazione per rapporti, aventi ad oggetto una prestazione d’opera intellettuale, che si svolgono senza formalità e per i quali il pagamento avviene senza dilazione e senza quietanza emessa dal debitore. Pertanto, al fine di verificare l’applicabilità alla fattispecie concreta dell’istituto della prescrizione presuntiva ex art. 2956, n. 2 c.c., il giudice deve limitarsi a verificare prima di tutto l’esistenza dell’incarico professionale, e, in seguito, l’assenza di un accordo scritto, senza potersi addentrare nelle valutazioni di merito del rapporto, in particolare in relazione alle concrete modalità di svolgimento della prestazione o delle caratteristiche del credito.

In conclusione, tramite la sentenza in commento, la Suprema Corte ha ribadito che l’applicazione della prescrizione presuntiva è pacificamente esclusa soltanto in presenza di un incarico formalizzato per iscritto. In assenza di tale modalità di pattuizione, il rapporto rientra nel campo di applicazione della prescrizione presuntiva, che esonera il debitore dalla prova dell’avvenuto pagamento, imponendo invece al creditore di dimostrare che il pagamento del compenso professionale non sia stato soddisfatto.

Questa pronuncia conferma la visione restrittiva della giurisprudenza in merito all’onere probatorio incombente nelle ipotesi di prescrizione presuntiva, rafforzando la tutela dei debitori per i rapporti professionali privi di formale accordo scritto.

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