LA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI ESCLUSIVA COSTITUISCE UN DANNO IN RE IPSA

Con l’ordinanza del 13 dicembre 2021 n. 39763, la Corte di Cassazione, si è soffermata sulla questione inerente al risarcimento del danno a seguito della violazione del diritto di esclusiva.

Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, la violazione di un diritto di esclusiva integra, di per sé, la prova dell’esistenza del danno, di talché sul titolare del diritto d’autore grava solo l’onere di dimostrarne l’entità.

Per quanto riguarda la liquidazione del danno, l’art. 158 c. 2 della legge sul diritto d’autore n. 633/1941, così come modificato dal D.lgs. n. 140/2006 si occupa della valutazione del danno nell’ambito delle violazioni del diritto d’autore.

In particolare, la summenzionata disposizione normativa prevede che il soggetto leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante possa agire in giudizio per ottenere sia il risarcimento del danno, da liquidarsi applicando le regole generali (artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.) sia la rimozione dello stato di fatto da cui risulta la violazione.

La norma dispone, poi, che il lucro cessante (definibile, in estrema sintesi, come il profitto che il soggetto danneggiato non ha potuto conseguire a causa del fatto illecito altrui) debba essere valutato dal giudice ai sensi dell’art. 2056, co 2 c.c., ossia con equo apprezzamento delle circostanze del caso, “anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto” (criterio degli utili conseguiti).

In merito alla liquidazione del lucro cessante, viene riconosciuta, poi, all’autorità giudiziaria altresì la possibilità di liquidare il danno in via forfettaria sulla base “quanto meno” dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti se l’autore della violazione avesse chiesto al titolare del diritto l’autorizzazione per il suo utilizzo (criterio del prezzo del consenso).

Il legislatore non esprime una preferenza tra i due criteri di liquidazione, ma, nell’utilizzare l’espressione “quanto meno”, lascia intendere che il c.d. prezzo del consenso rappresenti la soglia minima di liquidazione.

Pertanto, i due criteri “si pongono come cerchi concentrici”, ove il secondo criterio (prezzo del consenso) permette una liquidazione minimale del danno, mentre il primo (utili conseguiti) permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto eseguito.

La Corte di Cassazione ha, quindi, enuncia il secondo principio di diritto: “In tema di diritto d’autore, la violazione del diritto d’esclusiva che spetta al suo titolare costituisce danno in re ipsa, senza che incomba al danneggiato altra prova del lucro cessante che quella della sua estensione, a meno che l’autore della violazione fornisca la dimostrazione dell’insussistenza, nel caso concreto, di danni risarcibili, e tale pregiudizio è suscettibile di liquidazione in via forfettaria con il criterio del prezzo del consenso di cui alla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 158, comma 2, terzo periodo, che costituisce la soglia minima di ristoro“.