In caso di morte del contribuente, il giudizio relativo al mancato pagamento delle imposte da parte dello stesso, non può proseguire validamente nei confronti degli eredi, se questi non hanno accettato l’eredità.

Grava sull’amministrazione finanziaria procedente l’onere di provare l’avvenuta accettazione da parte dei successori legittimi del de cuius. Ciò al fine di esigere le somme da parte di questi ultimi. Tale onere, però, non viene assolto mediante la mera allegazione della denuncia di successione. La legitimatio ad causam, infatti, non si trasmette al chiamato per effetto della sola apertura della stessa. A tal fine è necessario dimostrare l’effettiva sussistenza del rapporto di parentela. Risulta, quindi, necessario produrre gli atti dello stato civile, nonché l’acquisto della qualità di erede. Quest’ultima si acquista solo in seguito all’accettazione espressa o tacita dell’eredità.

In tal senso si è pronunciata la Cassazione, in seguito al ricorso proposto dagli eredi del defunto. Questi avevano ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un avviso di rettifica. Con lo stesso l’Ufficio recuperava a tassazione la maggiore IVA dovuta dallo stesso prima della morte.

Il giudizio veniva instaurato dall’Amministrazione nei confronti dei tre membri della famiglia del defunto. La loro qualità di eredi era solamente presunta, tenendo conto della semplice delazione ereditaria. Non essendo sufficiente la semplice chiamata all’eredità per la dimostrazione della qualità di erede, necessaria per la legittimazione processuale, l’onere probatorio non veniva assolto. Di conseguenza, i ricorrenti venivano dichiarati estranei al giudizio civile.

Autorità: Cassazione civile sez. trib.

Data: 24/02/2016

Numero: 3611