La nozione di ricostruzione, ai fini della salvaguardia delle fasce di rispetto per l’edificazione nei centri abitati e delle distanze delle costruzioni dal confine stradale, non deve essere tratta, analogicamente, dalla normativa del Codice Civile in tema di distanze, dettata a tutela della proprietà nei rapporti di vicinato, bensì dal Codice della Strada e dal suo regolamento di attuazione, le cui disposizioni mirano ad assicurare l’incolumità dei conducenti dei veicoli e della popolazione residente vicino alle strade. Rientrano pertanto nella citata nozione non solo gli interventi di demolizione seguiti dalla realizzazione di un’opera difforme per volumetria e sagoma, da quella preesistente, ma anche quelli attuati mediante la demolizione e la successiva fedele riproduzione del fabbricato originario, determinando anche questi ultimi l’obiettivo insorgere o risorgere proprio di quel pericolo che la normativa stradale ha inteso evitare. Nel caso di specie, l’Anas chiedeva a due soggetti la demolizione di un’autorimessa e di tre pilastri realizzati in aderenza al muro di sua proprietà in violazione della distanza di 20 metri dal confine stradale per le strade urbane di scorrimento all’interno dei centri abitati. I convenuti eccepivano però che le opere realizzate non andavano a modificare in alcun modo il manufatto preesistente trattandosi di un semplice intervento di recupero e ristrutturazione. Sia in primo che in secondo grado la domanda dell’attore veniva rigettata, in quanto si affermava che seppur l’immobile realizzato consisteva in un’opera a distanza dal confine stradale inferiore a quella prevista dall’art.28 comma1, lett.b) del regolamento di attuazione del Codice della Strada, esso era sostanzialmente sovrapponibile a quella preesistente per caratteristiche strutturali, dimensionali e volumetriche. Il rispetto delle distanze minime per le ricostruzioni, precisava il giudice in appello, doveva essere interpretato nel senso di limitarne l’applicazione agli interventi che implicassero la realizzazione di un’opera diversa dalla preesistente, e quindi, di conseguenza, l’opera in questione non integrava l’ipotesi di “ricostruzione”. L’Anas ricorse allora in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 18 comma 1 del codice della strada e dell’art.28 comma1 lett.b) della legge di attuazione, ritenendo che il concetto di “ricostruzione” includa anche la realizzazione di una costruzione sovrapponibile ad essa. L’art.18 CdS vieta che nei centri abitati, in caso di nuove costruzioni, ricostruzioni ed ampliamenti, le fasce di rispetto a tutela delle strade, misurate dal confine stradale, abbiano dimensioni inferiori rispetto a quelle indicate nel regolamento in relazione alla tipologia delle strade.
Ma che cosa si intende quindi per “ricostruzione”? Le Sezioni Unite in precedenti pronunce in materia, ritennero che si sia in presenza di tale nozione quando le componenti dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse, senza alcuna variazione volumetrica o strutturale. Ove vi siano queste variazioni, vi sarà una nuova costruzione.
Gli ermellini però, nel caso di specie, adottano un differente orientamento, ritenendo che la nozione di ‘ricostruzione’ non debba essere tratta analogicamente dalle norme del Codice Civile in tema di distanze, ma appunto dal Codice della Strada e dal regolamento di attuazione proprio in risposta all’esigenza di evitare possibili pregiudizi alla percorribilità delle strade e di assicurare l’incolumità non solo dei conducenti dei veicoli, ma anche della popolazione che risiede vicino alle strade. Tali disposizioni si riferiscono a qualsiasi opera di ‘ricostruzione’ che segua ad una demolizione e non soltanto alle ‘nuove costruzioni’, seppur non comportante ampliamenti di superficie o volumetria.

Autorità: Cassazione civile, sez. I

Data: 11/02/2015

Numero: 2656