Il concorso di colpa del passeggero in caso di sinistro stradale

Con la recente sentenza n. 21896 del 30/07/2025, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti in materia di concorso di colpa del passeggero in caso di sinistro stradale.

La disciplina codicistica

Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, la disposizione codicistica rilevante risultava essere l’art. 1227, comma 1, c.c., ai sensi del quale “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”.

La vicenda

Nel caso di specie, Tizio, trasportato sull’autovettura condotta da Caio, veniva coinvolto in un sinistro stradale: quest’ultimo, infatti, perdeva il controllo del veicolo da lui condotto e andava a schiantarsi contro un muro di recinzione latistante la banchina stradale. A seguito dell’impatto, Tizio perdeva la vita. Pertanto, gli eredi di Tizio convenivano in giudizio Caio e la società di assicurazione Alfa davanti al Tribunale di Ragusa al fine di ottenere la loro condanna al risarcimento dei danni. La società Alfa eccepiva che la condotta di Tizio, il quale aveva accettato di farsi trasportare da un soggetto in evidente stato di ebrezza alcolica, costituiva concorso colposo del danneggiato ex art. 1227 c.c., con conseguente diminuzione dell’ammontare del risarcimento spettante agli eredi di Tizio. Il Tribunale di primo grado rilevava la cooperazione colposa della vittima del sinistro nella produzione del danno, in quanto Tizio aveva accettato di farsi trasportare da un conducente in evidente stato di ebbrezza, e determinava la responsabilità di Tizio e Caio in misura del 50% ciascuno. Successivamente Sempronio, in qualità di erede di Tizio, proponeva appello avverso la pronuncia dinanzi alla Corte d’Appello di Catania, la quale confermava la statuizione del tribunale di primo grado e rideterminava le quote di corresponsabilità in misura pari al 70% per Caio e in misura pari al 30% per Tizio.

La pronuncia della Cassazione

In seguito, Sempronio ricorreva avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Catania avanti la Corte di Cassazione. Sempronio, infatti, riteneva non sussistente la cooperazione colposa di Tizio, in quanto quest’ultimo non poteva essere consapevole dello stato di ebrezza di Caio. La Corte di Cassazione, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, ha asserito che, ai fini dell’applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, è necessaria una condotta di cooperazione attiva nel fatto colposo da parte del danneggiato. Tale cooperazione attiva sussiste qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente, ma anche del passeggero, il quale avrebbe accettato in questo modo i rischi della circolazione. In aggiunta, la Suprema Corte ha citato un ulteriore precedente giurisprudenziale, sulla base del quale “In tema di risarcimento del danno da incidente stradale, la consapevolezza della persona trasportata che il conducente sia sotto l’effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti, pur non potendo determinare l’assoluta esclusione del suo diritto alla tutela assicurativa, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, ponendosi come antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento ai sensi dell’art. 1227, comma primo, cod. civ.”. La Corte di Cassazione ha altresì rilevato che al fine di individuare l’evento dannoso rispetto al quale sussiste o meno il concorso di colpa del soggetto danneggiato, è necessario considerare l’intera serie casuale che ha determinato l’evento. La Corte ha pertanto affermato che la morte di Tizio non si sarebbe verificata se non si fossero realizzati diversi antecedenti causali: di fatto, tale evento non si sarebbe verificato se Tizio si fosse astenuto dal salire a bordo del veicolo condotto da Caio, conoscendo o comunque potendo conoscere, avendo anch’egli abusato di bevande alcoliche, lo stato di ebrezza in cui versava il medesimo. Di conseguenza, la Corte ha asserito che proprio il comportamento del trasportato si poneva all’inizio della sequela eziologica che si è conclusa con la morte di Tizio: infatti, “il trasportato (del quale è stato rilevato un tasso alcolemico analogo a quello del conducente), pur accorgendosi o potendosi accorgere dello stato di ebrezza del conducente dell’auto, si è tuttavia esposto volontariamente ad un rischio oltre la soglia del “rischio consentito”, quando è salito sull’auto e non ne ha impedito affatto la circolazione, pericolosa anzitutto per sé oltre che per gli altri, in violazione di norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale oltre che di precise regole del codice della strada”. La Corte di Cassazione ha infine disposto che i danni conseguenza dell’evento, gravanti su Caio e sulla società Alfa, dovevano essere proporzionalmente ridotti in quanto provocati anche dall’apporto causale dello stesso danneggiato. Considerati tutti i predetti motivi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto da Sempronio, confermando così la sentenza della Corte d’Appello di Catania.

Per una consulenza sull’argomento, rivolgiti a Studio Legale Rancan Avvocato a Vicenza cliccando qui sotto:

 

Condividi:

Scrivici un messaggio

Articoli correlati