Il datore di lavoro è obbligato a far rispettare le norme di legge anti – covid al fine di garantire salute e  sicurezza sul luogo di lavoro.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 16/09/2021, ha applicato quanto previsto espressamente dalla legge (art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, conv. con modd. Dalla L. 28 maggio 2021, n. 76) e cioè che per le categorie indicate c’è l’obbligo di vaccinazione gratuita contro il Covid non oltre il 31 dicembre 2021, e chi non si vaccina non può lavorare in quanto temporaneamente inidoneo.

Il caso.

La sentenza in commento trae origine dal ricorso presentato dinnanzi al Giudice del Lavoro, con cui la ricorrente conveniva in giudizio una Cooperativa in seguito al ricevimento di un provvedimento di messa in aspettativa dal 9/02 al 30/04/2021, sulla scorta dell’asserita “violazione della migliore tutela dei collaboratori, degli ospiti e di tutti gli utenti” riconnessa alla mancata inoculazione del vaccino Anticovid – 19.

Questione dibattuta.

 

Il cuore della vicenda, riguarda la legittimità del provvedimento datoriale nei confronti della ricorrente, dipendente a tempo indeterminato della società resistente, presso la quale svolge attività di assistenza a soggetti ricoverati e, collocata, in seguito alla mancata vaccinazione, in aspettativa non retribuita dalla Cooperativa da febbraio 2021 ad aprile con un successivo prolungamento sino al 31 dicembre 2021.

Il predetto provvedimento, in tal sede contestato, viene posto in essere nei confronti di  quei lavoratori espressamente indicati nel D.L. n. 44/2021(sanitari che svolgono attività in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio assistenziali, pubbliche e private, in farmacie e parafarmacie) che non siano vaccinati contro la Sars – CoV- 2 e per il quale è prevista la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, alla condizione di legge che non esistano in azienda posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili, volte a preservare la condizione occupazionale/retributiva e compatibile con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro. Nello specifico, la legge prevede l’ulteriore obbligo del c.d. “repêchage”, per cui il datore di lavoro deve adibire il lavoratore non vaccinato, ove possibile, a mansioni anche inferiori, diverse da quelle di appartenenza, con un trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, cercando pur sempre di impedire i rischi di diffusione del contagio.

La difesa della Cooperativa resistente, al fine di avvalorare il provvedimento predisposto nei confronti della propria dipendente – ricorrente, rileva che lo stesso si allinea con quanto stabilito dall’art. 2087 c.c., quale misura atta a tutelare l’integrità e le migliori condizioni di salute dei collaboratori, degli ospiti e tutti gli utenti, potendo serbare il rifiuto della vaccinazione, potenziali gravi conseguenze sulla salute dei medesimi soggetti.

La decisione

Il Tribunale di Milano, sul presupposto che la sospensione del lavoratore senza retribuzione rappresenta l’estrema soluzione, rileva che sussiste un preciso onere del datore di lavoro di verificare l’esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, volte a preservare la condizione occupazionale e retributiva, da un lato, e compatibili, dall’altro, con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro.

Nel caso che ci occupa, il Giudice di Milano ha ritenuto che il suddetto onere gravante sul datore di lavoro non risulta adeguatamente assolto dalla Cooperativa resistente, motivo per cui non poteva far altro che dichiarare illegittima la sospensione. Infatti, il provvedimento di collocamento in aspettativa non retribuita adottato dalla Cooperativa, non considera in alcun modo l’eventualità che la ricorrente potesse essere distolta dalle mansioni di operatrice ASA ed adibita a mansioni, sebbene inferiori, comunque compatibili con la tutela della salubrità dell’ambiente e della sicurezza degli ospiti della struttura.

Si precisa comunque che, il potere unilaterale di far tutto per evitare il contagio costituisce per il datore di lavoro un obbligo preciso, cui potrebbe rispondere sia in sede civile che penale. Di conseguenza, per evitare tale contagio va fatto il necessario, fino alle misure più gravi come la sospensione, ma solo in mancanza di misure alternative.

 

Vicenza, lì 21 ottobre 2021.