Con la sentenza n. 1038 del 28/06/2023, la Corte d’Appello di Bari ha fornito importanti chiarimenti in materia di recesso per giusta causa nel contratto di agenzia da parte della preponente. Nello specifico, la Corte d’Appello di Bari ha esaminato il caso in cui il recesso da parte della preponente fosse giustificato dal mancato raggiungimento, da parte dell’agente, dei minimi di vendita contrattualmente stabiliti, chiarendo come nel caso de quo l’agente non avesse diritto ad ottenere l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c.
La disciplina codicistica
Primariamente, si rileva che l’art. 1742 c.c. definisce il contratto di agenzia come il contratto mediante il quale “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’latra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. L’art. 1751 c.c. al comma 1 prevede poi che: “All’atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni: l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti”. Il comma 2 della predetta disposizione codicistica precisa inoltre che l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia non è dovuta: “quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto”.
Il caso di specie
Nel caso affrontato dalla Corte d’Appello di Bari, Tizio, in qualità di agente, aveva convenuto in giudizio la società Alfa, in qualità di preponente. Nello specifico, Tizio affermava di aver ricevuto una raccomandata mediante la quale la società Alfa comunicava la risoluzione del contratto di agenzia per giusta causa, da riscontrarsi nel mancato raggiungimento da parte di Tizio degli obiettivi minimi di vendita contrattualmente stabiliti per diverse stagioni consecutive. Pertanto, vista la risoluzione del contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la preponente non riteneva di dover corrispondere a Tizio l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751, comma 2, c.c. Tuttavia, Tizio asseriva che la società Alfa aveva invece esercitato una mera disdetta unilaterale dal rapporto di agenzia, con conseguente diritto dell’agente ad ottenere l’indennità di cessazione del rapporto. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Bari ha ritenuto di non riconoscere il diritto di Tizio ad ottenere l’indennità di cessazione per sussistenza di una giusta causa di risoluzione del rapporto di agenzia, da ravvisarsi nell’inadempimento di non scarsa importanza imputabile all’agente.
La pronuncia della Corte d’Appello di Bari
Successivamente, Tizio proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Bari, ritenendo inesistente la giusta causa di risoluzione del rapporto di agenzia, con conseguente suo diritto al pagamento dell’indennità di cessazione del rapporto. In particolare, Tizio non riteneva sussistente una giusta causa di recesso da parte della preponente in quanto egli non aveva mai conseguito gli obiettivi di vendita annuali fissati, ma, nonostante ciò, la società Alfa aveva continuato la propria collaborazione con Tizio, tollerando il comportamento posto in essere da quest’ultimo e rinunciando in questo modo ad esercitare in futuro il diritto a recedere dal contratto per mancato raggiungimento del fatturato minimo annuale concordato.
Tanto premesso, la Corte d’Appello ha evidenziato come l’istituto del recesso per giusta causa, disciplinato per il rapporto di lavoro subordinato dall’art. 2119 c.c., sia applicabile in via analogica al contratto di agenzia, sul presupposto che entrambi i contratti si fondano su un rapporto fiduciario che può essere compromesso da una serie di comportamenti lesivi dei principi di lealtà e buona fede. La Corte d’Appello ha così disposto che “Qualora una delle parti abbia posto in essere un comportamento di gravità tale da far venire meno il rapporto di fiducia tra le stesse, è consentito all’altra parte sciogliere il contratto con effetto immediato, non occorrendo rispettare il termine di preavviso. Ciò si è certamente verificato nel caso de quo in cui l’agente ha reiteratamente omesso di conseguire i target di vendita al medesimo di volta in volta assegnati, realizzando così una condotta inadempiente espressamente contemplata dal contratto di agenzia quale causa di risoluzione del rapporto senza necessità di preavviso”. La Corte d’Appello ha poi specificato che la tolleranza dimostrata dalla preponente nei confronti dell’agente negli anni precedenti non equivaleva alla rinuncia della stessa ad avvalersi in futuro del diritto di recedere dal contratto. Infatti, tale diritto rimaneva sempre valido e poteva essere esercitato ogni anno in caso di mancato raggiungimento da parte dell’agente dei target minimi di vendita. La Corte d’Appello, ritenendo sussistente una giusta causa di recesso per violazione imputabile all’agente, ha ritenuto di doversi escludere il diritto di quest’ultimo a percepire l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c., confermando così integralmente la sentenza di primo grado impugnata.
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