Il Trust è un rapporto giuridico in forza del quale determinati beni o diritti sono sottoposti (con atto tra vivi o mortis causa) al controllo di un trustee affinché quest’ultimo li amministri nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato. Il potere esercitato dal trustee su tali beni, non è il diritto di godere e disporre dei beni stessi in modo pieno ed esclusivo in cui si sostanzia il diritto di proprietà ex art. 832 c.c.; si tratta piuttosto di una situazione reale di proprietà finalizzata e funzionale che si esercita su di un patrimonio separato ed autonomo, patrimonio che è vincolato dal programma fiduciario che il trustee ha l’obbligo di perseguire e che sembra senz’altro riconducibile al concetto generale di possesso penalmente rilevante di cui all’art. 646 c.p..
La violazione di questo vincolo funzionale e la destinazione di beni conferiti in trust a finalità proprie del trustee e/o comunque a finalità diverse da quelle per cui il trust è stato istituito, concreta interversione del possesso in proprietà costituendo l’essenza del delitto di cui all’art. 646 c.p..
Con la costituzione del trust, il disponente, proprio in ragione dello scopo cui è destinato il complesso dei beni e rapporti giuridici, ne perde subito la disponibilità, potendo essergli riservati nel regolamento, solo poteri circoscritti e per lo più di controllo. Con queste motivazioni la Corte di Cassazione penale sez. II ha rigettato il ricorso promosso da un soggetto trustee avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Vicenza emetteva il decreto di sequestro preventivo sui beni mobili conferiti in trust e consistenti in una polizza assicurativa sulla vita ed il denaro riveniente dal suo disinvestimento. Il trustee, in violazione dell’atto costitutivo del trust, adoperando la liquidità presente sul conto dello stesso, aveva costituito in Svizzera una società anonima ed aveva avviato una serie di operazioni giuridiche – contabili per appropriarsi dei beni del trust stesso.
Secondo quanto scritto nel provvedimento impugnato, l’uomo “aveva destinato a sé stesso il trasferimento della liquidità di una polizza di diritto lussemburghese, aveva costituito una società svizzera nella quale stava tentando di far confluire le somme liquide che aveva già depositato nella polizza suddetta e stava cercando di liquidare un immobile, destinando alle istituzioni oncologiche beneficiane del trust solo una minima parte degli importi, il tutto senza avere preventivamente contattato il guardiano del trust”.
Avverso l’ordinanza, i legali dell’uomo affermavano che con il negozio fiduciario gli era stata trasferita la piena proprietà dei beni conferiti in trust e che pertanto, non poteva configurarsi il delitto di appropriazione indebita, per il quale è necessario l’elemento dell’altruità della cosa, insistendo nella tesi secondo la quale la costituzione del trust determina un passaggio di proprietà dei beni conferiti in trust in capo al trustee.
Ma ai fini dell’inquadramento della tutela penale, devono assumere rilevanza preminente nell’interpretazione del negozio, sia il vincolo di destinazione che grava sui beni (che, determinandone la funzione economico-sociale, ne impedisce la commistione con il patrimonio del trustee) sia l’esistenza di beneficiari del negozio fiduciario, a favore dei quali deve indirizzarsi tutta l’attività di gestione dei beni e rapporti, conferiti nel trust, dovendosi attribuire all’intestazione formale del diritto di proprietà al trustee la valenza di una proprietà temporale, sostanziata dal possesso del bene, sicuramente diversa da quella delineata nell’ art.832 c.c. e svincolata dal potere di disporre dei beni in misura piena ed esclusiva.
La Corte di Cassazione decide quindi per il rigetto del ricorso, in quanto la condotta del trustee integra il reato di appropriazione indebita ex. Art. 646 c.p..

Autorità: Cassazione penale sez. II

Data: 23/09/2014

Numero: 50672