Infortuni sul lavoro: il datore è responsabile anche nel caso di imprudenza del lavoratore

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 22 settembre 2021, n. 25597, ha stabilito che nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa solo in caso di rischio elettivo ossia se il danno è stato cagionato da una condotta atipica ed eccezionale del prestatore, che si pone come causa esclusiva dell’evento dannoso, tale da recidere il nesso causale tra l’obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro e l’infortunio intervenuto.

Al di fuori di tale ipotesi, il datore di lavoro è responsabile se omette di adottare le misure di protezione, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore, o se non vigila sul rispetto delle misure adottate.

Infine, l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro (ex art. 2087 c.c.) non è adempiuto se le misure di prevenzione non sono idonee ad eliminare nella misura massima possibile anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore.

La vicenda

Un lavoratore conveniva in giudizio il proprio datore di lavoro per ottenere il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, conseguente all’infortunio sul lavoro da lui subito.

In particolare, il lavoratore si era infortunato mentre movimentava, col carroponte, carichi pesanti, senza spostarsi nell’area segnalata come di sicurezza unicamente con una linea verde per terra, rimanendo nella zona di lavorazione a “rischio residuo”.

La Corte d’appello aveva respinto le domande risarcitorie del lavoratore in ragione del comportamento ritenuto imprudente e dunque atipico ed eccezionale di quest’ultimo. Si giungeva così in Cassazione.

La decisione

In tale vertenza la Suprema Corte coglie l’occasione per ricordare come la condotta del dipendente comporti l’esclusione della responsabilità del datore di lavoro solo quando presenta i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto all’attività lavorativa da svolgere e alle direttive ricevute. Inoltre, deve trattarsi di un comportamento atipico ed eccezionale, in modo da risultare come la causa esclusiva dell’evento (Cass. 4075/2004).

In tali ipotesi si parla di rischio elettivo facendo riferimento alla “condotta personalissima del lavoratore, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa e tale da creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità di lavoro e da porsi come causa esclusiva dell’evento, interrompendo il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata” (Cass. 3763/2021; Cass. 7649/2019; Cass. 16026/2018; Cass. 798/2017; ; Cass. 28786/2014; Cass. 12779/2012; Cass. 21694/2011).

Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte non era invocabile un rischio elettivo tale da recidere il nesso causale tra l’obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro e l’infortunio intervenuto poiché il lavoratore si era infortunato mentre eseguiva la prestazione lavorativa, essendo stato colpito dall’oscillazione delle lamiere sollevate con il carroponte mentre si trovava nella zona di lavorazione a “rischio residuo”.

Per gli Ermellini la sentenza gravata era incorsa in un errore di diritto, per violazione dell’art. 2087 c.c., avendo del tutto omesso di indagare il corretto adempimento dell’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro, che avrebbe dovuto predisporre diversi sistemi protettivi come l’impiego di barriere volte ad impedire l’accesso all’area di movimentazione dei carichi.

Conclude la Corte di Cassazione ribadendo che l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro (ex art. 2087 c.c.) non è adempiuto se le misure di prevenzione non sono idonee ad eliminare nella misura massima possibile anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore.

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