Secondo quanto stabilito dall’art. 1815 c.c., in seguito alla modifica apportata dalla Legge 108/1996, se in un contratto di mutuo sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e di conseguenza nessun tipo di interessi è dovuto. Per comprendere quando si possa parlare di usura, bisogna quindi far riferimento all’art.1 del D.L. 394/2000, ove si afferma che usurari sono quegli interessi che “superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. Il problema sorge però quando si deve distinguere tra interessi corrispettivi e moratori, in quanto è solo con una recente sentenza che si è affermato il principio secondo il quale non c’è alcuna distinzione tra gli uni e gli altri e che l’usurarietà degli stessi va stabilita con riferimento all’entità di ciascuno e non alla loro sommatoria.

Così ha stabilito il Tribunale di Padova in relazione al ricorso presentato da un soggetto, nei confronti della Banca con la quale aveva stipulato un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, al fine di ottenere la dichiarazione di invalidità della clausola inerente gli interessi, in quanto superiori al limite consentito dalla legge, nonché la restituzione di quanto già pagato in eccesso. Nonostante la Banca sostenesse che gli interessi corrispettivi, in quanto non usurari, a differenza di quelli moratori, fossero lo stesso dovuti, il Tribunale, applicando il principio stabilito dall’art. 1812 c.c., accolse il ricorso e dichiarò non dovuti in toto gli interessi richiesti dalla resistente, in quanto la predetta norma non consente di effettuare alcuna distinzione tra i due tipi di interessi.

Autorità: Tribunale di Padova

Data: 13/05/2014