La cassa integrazione non legittima la revoca dell’assegno di mantenimento

Come noto, l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, in linea generale, risponde al dovere dei genitori di provvedere al mantenimento di questi ultimi, affinché l’interruzione dei rapporti personali tra i genitori non incida, almeno dal punto di vista economico-patrimoniale, sulla prole.

L’ammontare dello stesso tiene conto delle risorse economiche complessive dei genitori, tenuto conto sia delle condizioni reddittuali e finanziarie di ciascuno sia del patrimonio immobiliare.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 36800 del 2022 ha stabilito che l’obbligo di pagare il mantenimento dei figli minori non viene meno automaticamente, in caso di perdita del lavoro o di cassa integrazione, ma occorre sempre chiedere una modifica del provvedimento giudiziale che ha sancito l’assegno, dando prova della diminuzione del proprio reddito.

La cassa integrazione, infatti, non può considerarsi un fatto nuovo che legittima la revoca del contributo al mantenimento dei figli se non viene provato il peggioramento effettivo della propria condizione economica.

Il caso

Il Tribunale, su accordo delle parti, aveva disposto il collocamento dei minori nati da una relazione extraconiugale presso la madre, ponendo a carico del padre un assegno a titolo di contributo del mantenimento dei figli minori.

Il padre, essendo stato collocato in cassa integrazione, proponeva ricorso per la modifica delle condizioni di mantenimento dei figli minori sostenendo di aver subito un netto peggioramento delle proprie condizioni reddituali per aver perso il lavoro.

Di conseguenza, il Tribunale, prendendo atto della situazione di difficoltà economica attuale del ricorrente, dichiarava la cessazione dell’obbligo del ricorrente di corrispondere l’assegno di mantenimento.

La madre proponeva reclamo chiedendo il ripristino dell’obbligo di mantenimento a carico della controparte, deducendo di essere anch’essa stata collocata in cassa integrazione e che il padre non aveva dimostrato i propri attuali proventi, essendo lo stesso titolare di ingenti beni immobili.

La Corte d’Appello, non essendo stata provata la riduzione delle risorse reddittuali del ricorrente, accoglieva il reclamo.

La decisione

L’onerato ha proposto ricorso in Cassazione in quanto la Corte d’Appello non aveva considerato la prova della diminuzione reddituale fornita in primo grado.

Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto condivisibile la statuizione, della Corte d’Appello, la quale ha ritenuto che la collocazione in CIG del ricorrente, nel caso di specie non fosse da considerarsi un fatto nuovo legittimante in automatico la revoca dell’assegno di mantenimento.

Infine, non era emersa la prova della diminuzione dei redditi del ricorrente, conseguentemente la Corte d’Appello ha ritenuto che non fosse intervenuta alcuna modifica significativa dei redditi percepiti dal ricorrente tale da giustificare la revoca dell’assegno.