La diffamazione online come reato istantaneo

La normativa e giurisprudenza di riferimento

Come noto, il reato di diffamazione, previsto all’art. 595 c.p., sussiste nell’ipotesi in cui chiunque, consapevolmente, offenda la reputazione altrui, comunicando con più persone. È inoltre aggravato allorquando l’offesa venga arrecata tramite il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità.

La Corte di Cassazione, nel 2008, ha sancito come “la diffamazione tramite internet costituisce un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma 3, in quanto commessa con altro mezzo di pubblicità […] essendo internet un potente mezzo di diffusione di notizie, immagini ed idee” (Cass. pen.,sez. V, 1 luglio 2008, n. 31392).

La Suprema Corte si è nuovamente espressa in materia di diffamazione a mezzo social, in particolare soffermandosi sul problema del momento consumativo del reato.

Il caso

La sentenza trae origine dalla pubblicazione di un commento sul blog, avvenuta nel dicembre del 2009, ma visibile sino a giugno del 2015, nella quale si accusavano di favoreggiamento e di associazione a delinquere i magistrati della Procura e del Tribunale di Catanzaro.

Tra i motivi di ricorso, assumeva particolare rilevanza quello della prescrizione del reato.

La decisione

La Suprema Corte, con la Sent. n. 1370 del 16 gennaio 2023, ha accolto il ricorso, rilevando come il reato in esame doveva considerarsi commesso alla data di pubblicazione del commento sul blog, il 12 dicembre 2009. In altri termini, la consumazione della diffamazione a mezzo internet avviene nel momento in cui la frase o l’immagine lesiva della altrui reputazione diventano fruibili da parte di terzi: da tale momento decorre il termine di prescrizione del reato.

Trattandosi, dunque, di reato istantaneo, una volta verificata la consumazione dello stesso, diviene irrilevante se la situazione antigiuridica si protragga nel tempo.