La Fideiussione omnibus e la nullità delle clausole che violano la normativa antitrust

Le Sezioni Unite, con sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994, hanno risolto un annoso contrasto giurisprudenziale, stabilendo che le clausole delle fideiussioni omnibus modellate sugli schemi-tipo dell’ABI, riproduttive di clausole dichiarate anticoncorrenziali dalla Banca d’Italia, sono affette da nullità parziale.

La fideiussione omnibus

La fideiussione omnibus può essere definita come una garanzia personale che impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto o assumerà nei confronti del creditore (nella prassi spesso si tratta di un istituto di credito).

Questo particolare tipo di fideiussione, coniata sulla falsariga della fideiussione per obbligazioni future ex artt. 1938 e 1956 c.c., si differenzia rispetto alla fideiussione ordinaria per il fatto che la garanzia non è limitata a un certo debito (ad esempio, uno specifico prestito ricevuto dalla banca) ma garantisce il pagamento di tutti i debiti assunti o che si assumeranno con la banca per qualsiasi operazione bancaria.

Il contrasto giurisprudenziale

L’intervento delle Sezioni Unite si è reso necessario per dirimere un contrasto giurisprudenziale che si è verificato riguardo alla sorte dei contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità di intese anticoncorrenziali vietate: mentre per un primo indirizzo la soluzione preferibile era quella della nullità totale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata, per un secondo indirizzo era preferibile la tesi della nullità parziale.

La decisione

Con la sentenza in commento gli Ermellini hanno messo fine all’annoso dibattito relativo al regime di nullità (totale o parziale) da attribuire alle dette clausole inserite nelle fideiussioni bancarie.

La nullità delle clausole della fideiussione corrispondenti a quelle degli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI, lungi dal travolgere l’intero contratto, deve essere necessariamente letta alla luce dell’art. 1419 c.c., in forza del quale la nullità di alcune clausole contrattuali travolge il contratto nella sua interezza solo se risulta che il contraente non lo avrebbe stipulato in loro assenza.

Tale conclusione è giustificata dal fatto che il consumatore, davanti ad una intesa che limita la libertà di concorrenza, vede escluso, da un lato, il suo diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza; dall’altro, che il contratto a valle costituisca lo sbocco di tale intesa.

Di conseguenza, poiché la violazione di interessi rilevanti integra potenzialmente un danno ingiusto ex art. 2043 c.c., il consumatore finale può proporre l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno ex art. 33 L. 287/1990.