La prassi dell’assegno postdatato come garanzia

Come noto, l’assegno postdatato è un titolo nel quale la data non corrisponde a quella in cui viene emesso, ma è futura. Secondo il R.D. n. 1763 del 1993, che norma gli assegni bancari, apporre una data successiva è reato. Tuttavia, il D.L. 507/99 ha depenalizzato questo comportamento, facendolo ricadere in una evasione dell’imposta di bollo.

Nonostante l’emettere un assegno postdatato non sia più considerato reato, ciò non toglie che ci possano essere conseguenze per chi l’ha emesso. La banca, quando viene versato un assegno postdatato, è tenuta a segnalare l’illecito alla Prefettura: quest’ultima indagherà più a fondo sui motivi che hanno spinto il debitore a tenere questa condotta e deciderà quale sanzione comminargli. Nella prassi capita molto spesso che un debitore consegni un assegno senza data o postdatato al creditore a titolo di garanzia del futuro adempimento, con il conseguente patto di non presentazione del titolo all’incasso.

Il caso

Tizio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Sciacca il 18/19 marzo 2002 con il quale veniva ingiunto all’opponente e a Oreste Ulderigo di pagare, in favore di T.G., la somma di 41.500.000 oltre interessi legali e spese del procedimento monitorio. Il decreto ingiuntivo era fondato su un atto di transazione stipulato il 19 luglio 1993 tra i sigg.ri U. e T. e su un assegno di conto corrente rilasciato in pari data dallo stesso opponente in favore dell’opposta, a garanzia dell’obbligazione assunta dall’ U., da riscuotersi il 31 dicembre 1993 in caso di mancato adempimento da parte del debitore principale. L’opponente rilevava che l’emissione di un assegno postdatato in garanzia è contraria alle norme imperative di cui al R.D. n. 1763 del 1933, artt. 1 e 2, con conseguente nullità del patto di garanzia stipulato tra le parti e chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo.

La decisione

La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’emissione di un assegno bancario in bianco o postdatato […] è contrario alle norme imperative e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti […]” (Cass. 26232/2013). In questo senso si pone anche la pronuncia in esame, Cass. civ. 10710/2016: l’emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia – nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute nella R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 1 e 2 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume enunciato dall’art. 1343 cod. civ.”.

Pertanto, il patto di garanzia intercorso tra le parti e a cui è legata l’emissione dell’assegno deve considerarsi nullo per illiceità della causa, in quanto contrario alle norme imperative. La nullità del patto di garanzia non priva totalmente di valore giuridico l’emissione dell’assegno, infatti la firma di traenza apposta dall’emittente vale come promessa di pagamento, e ciò in ossequio al principio tale per cui apporre la propria firma sotto un testo che implichi l’impegno a pagare una somma di denaro costituisce appunto promessa di pagamento. (Cass. 1437/2021Cass. 27370/2019; Cass. 10710/2016; Cass. 9181/1998; Cass. 4368/1995).

In altri termini, secondo tale orientamento, utilizzare l’assegno come uno strumento di garanzia di un debito porta a modificarne la funzione tipica, ossia la funzione solutoria.

In definitiva, non si può trasformare l’assegno in qualcosa che non è. Il corretto strumento previsto dalla legge per esprimere una promessa di pagamento è la cambiale.

In quest’ultimo caso è dovuto il pagamento dell’imposta di bollo, prevista dalla legge, ma il creditore può contare su uno strumento di pagamento sicuro: il mancato pagamento della cambiale, infatti, consente al creditore di esercitare un’azione di pignoramento, senza dover agire in giudizio o ricorrere al decreto ingiuntivo.