La rilevanza degli elementi sintomatici in tema di guida in stato di ebrezza

Con la controversa sentenza n. 20763 del 2024, la Corte di Cassazione, nonostante l’inutilizzabilità dell’esito degli esami ospedalieri, ha ritenuto comunque provata la condotta di guida in stato di ebrezza, esclusivamente sulla base di elementi sintomatici, frutto di valutazioni soggettive degli agenti di polizia giudiziaria.

La vicenda

L’automobilista Tizio risultava coinvolto in un incidente stradale. A seguito delle necessarie verifiche, il tasso alcolemico del conducente, rilevato dagli Spedali Civili di Brescia, era pari a 3,69 g/l, ben oltre il limite legale di 0,50 g/l, e veniva perciò condannato in primo grado per guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. c) e 2 bis del Codice della Strada. Questa decisione veniva impugnata dinnanzi la Corte d’Appello competente. L’imputato, infatti, eccepiva l’inutilizzabilità del referto ospedaliero poiché, al momento del prelievo, non era stato avvisato del suo diritto di essere assistito da un difensore, come previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p.. La Corte d’Appello, pur accogliendo tale doglianza e dichiarando inutilizzabile il referto in questione, aveva però confermato la condanna sulla base di elementi sintomatici, quali l’odore di alcol e l’incapacità di rispondere agli agenti. Tizio, allora, decideva di presentare un ricorso presso la Corte di Cassazione, avverso la sentenza di secondo grado.

La decisione della Suprema Corte

Con la sentenza n. 20763/2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile, per manifesta infondatezza, il ricorso dell’automobilista, confermando l’orientamento seguito dalla Corte d’Appello, secondo cui la prova dello stato di ebbrezza può fondarsi su elementi sintomatici, anche in assenza di accertamenti compiuti con strumenti di misura di tipo legale, di cui al D.Lgs. n. 84/2016. Di fatto, la Suprema Corte ha ribadito che, ai fini della responsabilità penale per guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere desunto da circostanze sintomatiche, come l’alterazione psico-fisica, l’odore di alcol e l’incapacità del soggetto di controllare il veicolo. Nel caso di specie, nonostante l’inutilizzabilità degli esami ospedalieri, gli elementi raccolti visivamente dagli agenti di polizia giudiziaria, intervenuti sul luogo dell’incidente, come lo stato comatoso del conducente e l’assoluta incapacità di rispondere alle domande poste dagli agenti stessi, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare che il tasso alcolemico fosse superiore alla soglia consentita dalla legge. La Corte di Cassazione ha affermato che l’esame strumentale non costituisce prova legale della fattispecie criminosa in questione e che la penale responsabilità può essere desunta anche in assenza di dati strumentali, a patto che vi siano elementi sintomatici adeguati e obiettivi. Questo approccio risulta conforme a una consolidata giurisprudenza della Suprema Corte.

Conclusioni

La sentenza esaminata, dichiarando inammissibile il ricorso, conferma un orientamento giurisprudenziale secondo cui lo stato di ebbrezza può essere provato anche in assenza di accertamenti compiuti con strumenti di misura di tipo legale, valorizzando gli elementi sintomatici rilevati dagli agenti. Sebbene tale pronuncia appare in contrasto con il principio di legalità, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la valutazione soggettiva dei sintomi manifestati fosse idonea a giustificare l’imputazione della responsabilità penale. Questa decisione potrebbe avere un impatto pratico significativo, ponendo maggiore enfasi, ameno in materia di guida in stato di ebbrezza, sulle dichiarazioni rese dalla polizia giudiziaria, a seguito di intervento nel luogo dell’accaduto.

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