Una delle forme di commercio più diffuse ed efficaci è sicuramente quella della vendita diretta a domicilio o c.d. porta a porta di prodotti e beni di uso comune.

Il segreto del successo degli acquisti a domicilio, che ha permesso a questo particolare settore economico di resistere sia alla crisi sia all’avvento di nuovi strumenti di vendita, come l’e-commerce, è sicuramente da individuare nella possibilità di interagire direttamente con il venditore, di visionare e di provare il prodotto prima di procedere all’acquisto.

Tuttavia, l’individuazione dei caratteri distintivi del venditore a domicilio o c.d. porta a porta rispetto ad altre forme di collaborazione professionale, tra le quali in primis quella dell’agente di commercio, appare spesso problematica, con gravi conseguenze per le aziende in caso di errata qualificazione del rapporto.

La normativa di riferimento

La L. 17 agosto 2005, n. 173 recante la “Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali“, all’art. 1 definisce “vendita diretta a domicilio“, c.d. vendita porta a porta, la forma speciale di vendita al dettaglio e di offerta di beni e servizi, effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio del consumatore finale o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi personali, di lavoro, di studio, di intrattenimento o di svago e “incaricato alla vendita diretta a domicilio“, c.d. venditore porta a porta, colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio.

L’art. 3 della legge del 2005, nel delineare brevemente le plurime forme in cui può svolgersi l’attività di incaricato della vendita diretta a domicilio, prevede che in assenza di un vincolo di subordinazione, l’attività può essere esercitata: a) come oggetto di un’obbligazione assunta con contratto di agenzia; b) senza necessità di stipulare un contratto di agenzia, da soggetti che svolgono l’attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva o in maniera occasionale, purché incaricati da una o più imprese. La natura dell’attività è di carattere occasionale se il reddito annuo derivante da tale attività è inferiore a 5.000 euro al netto della deduzione forfettaria al 22%.

Il Ministero del Lavoro, con comunicazione dell’11 maggio 2007, ha inoltre ribadito che le vendite dirette a domicilio possono essere svolte in forma abituale e continuativa in forza di un semplice incarico e senza che ciò comporti l’instaurarsi di un rapporto di agenzia.

Con riferimento all’aspetto previdenziale, l’art. 44 del D. Lgs. N. 269/2003 prevede l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS solo laddove il reddito derivante da tale attività superi la soglia dei 5.000 euro.

Occorre poi segnalare che la bozza della Legge di Bilancio 2024 prevedeva per i venditori a domicilio l’obbligo di iscrizione e di contribuzione alla forma di previdenza integrativa degli agenti e dei rappresentanti di commercio gestita da ENASARCO, ma che tale disposizione non è stata poi inserita nel testo definitivo di tale legge.

La differenza rispetto al contratto di agenzia

Il contratto di agenzia, disciplinato dagli artt. 1742 c.c. e dagli accordi economici collettivi di settore, può essere definito come quel contratto con il quale una parte (l’agente) assume nei confronti dell’altra l’obbligo di promuovere la conclusione di affari per conto di questi, con organizzazione a proprio rischio e spese a proprio carico, con carattere di stabilità ed entro una zona determinata. Per contro, l’altra parte del contratto assume l’obbligazione di corrispondere all’agente un corrispettivo (provvigione) per i contratti conclusi e regolarmente eseguiti.

In altre parole, come confermato da costante giurisprudenza, i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo, con quest’ultimo, una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l’obbligo di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo (ex multis: Cass. Sez. Lavoro, n. 30852, 29/06/2021).

Di contro, il rapporto di procacciatore d’affari, rapporto al quale è riferibile quello relativo al venditore a domicilio o porta a porta, si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni (Trib. Terni, Sez. Lavoro, n. 16, 25/01/2018).

In altri termini, mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale, nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (Cass. n. 13.629 del 24/06/2005).