Una delle questioni più discusse dal diritto italiano degli ultimi anni è certamente l’annosa tematica della responsabilità medica e l’esatta individuazione della sua natura giuridica. Questi i passaggi principali:

  • Per lungo tempo, in assenza di una specifica normativa in materia, furono la giurisprudenza di merito e di legittimità a pronunciarsi per ovviare al vuoto normativo creato dal legislatore italiano. Il primo orientamento giurisprudenziale emergente distingueva tra responsabilità della struttura sanitaria e responsabilità del medico che vi operava. La responsabilità civile della struttura era considerata di tipo contrattuale in forza del cd. contratto di spedalità, mentre il medico scelto dalla struttura per svolgere la prestazione sanitaria rispondeva ex art. 2043 c.c. in quanto soggetto terzo rispetto all’obbligazione insorta tra parti.
  • Tale orientamento veniva riformato dalla famosa sentenza n. 589 del 1999 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che riportava entrambe le posizioni, quella del medico e quella della struttura, nell’ambito della responsabilità contrattuale. Tale sentenza introduceva il concetto di “contatto sociale”, intendendo con lo stesso un contratto atipico di forma verbale che veniva stipulato ogniqualvolta il paziente si fosse sottoposto alle cure predisposte dal medico presso la struttura sanitaria. In tal modo si riusciva ad applicare alla responsabilità del medico le regole dell’art. 1218 c.c.. Tale orientamento rimase prevalente sino a quando il legislatore decise di dare una svolta normativa.
  • Nel 2012 entrava in vigore la cd. Legge Balduzzi (Legge n. 189/2012) la quale andando a mettere ordine nell’ambito della responsabilità medica in campo penale (introduceva l’esimente del rispetto delle linee guida e buone pratiche medico-assistenziali per il caso di colpa lieve), faceva comunque riferimento, in ambito di responsabilità civile, alla responsabilità aquilana. Nonostante la Legge Balduzzi richiamasse l’art. 2043 c.c., la giurisprudenza prevalente vi individuava un mero rinvio atecnico, pertanto, l’orientamento maggioritario del tempo continuava ad inquadrare la responsabilità del medico come responsabilità contrattuale, in linea con quella delle struttura sanitaria.
  • La svolta si realizza con l’entrata in vigore della Legge n. 24 del 2017, cd. Gelli-Bianco, la quale all’art. 7 prescrive che “l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”. Ai sensi della predetta legge, pertanto, il medico professionista è responsabile nei confronti del paziente ex art. 2043 c.c., a meno che tra le parti non sia sorta un’obbligazione da contratto. Quanto invece alla struttura sanitaria, essa risponde ai sensi dell’art. 1218 c.c. e 1228 c.c. e ne risponde sia che gli esercenti la professione sanitaria siano dipendenti della struttura, sia che non lo siano. Tali norme hanno definitivamente stabilito che la struttura ospedaliera risponde in virtù della responsabilità contrattuale, mentre il medico, in assenza di contratto col paziente, risponde sempre in forza della responsabilità extracontrattuale.

 

La ratio sottesa alla scelta legislativa.

Alla base di questa evoluzione normativa, v’è il tentativo del legislatore di porre freno alla cd. “medicina difensiva”, ossia quel diffuso fenomeno per il quale il professionista sanitario evita di esporsi proponendo interventi di medio-alto rischio o di offrire terapie innovative e sperimentali per non correre il rischio di dover essere gravato, in sede di contenzioso, dalle difficoltà collegate alla responsabilità contrattuale. È indubbio, infatti, che la scelta del legislatore di configurare la responsabilità civile del medico come responsabilità aquilana sia una scelta a favore della categoria medica in sede processuale.

La distinzione tra queste due tipologie di responsabilità è infatti rilevante e di impattante sul piano pratico:

  • il termine di prescrizione per agire in giudizio è decennale per la responsabilità contrattuale, mentre è quinquennale per la responsabilità extracontrattuale;
  • l’onere probatorio è più gravoso nel caso di responsabilità extracontrattuale; ex art. 2043 c.c. è il danneggiato a dover dimostrare di aver subito un danno, che il fatto illecito è avvenuto per colpa o dolo del danneggiante e deve provarne il nesso eziologico; ex art. 1218 c.c. invece il soggetto danneggiato deve esclusivamente allegare il titolo da cui discende il mancato o inesatto adempimento, mentre è il soggetto inadempiente che deve dimostrare che l`inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile;

Come è agevole constatare, il legislatore, regolamentando la responsabilità medica come extracontrattuale e la responsabilità della struttura come contrattuale, ha predisposto una disciplina di maggior favore nei confronti degli esercenti le professioni sanitarie. Conseguenza naturale di tale scelta normativa è che il maggior numero di contenziosi si instaura tra paziente e struttura, mentre il medico, maggiormente tutelato dal regime della responsabilità aquilana, si ritrova entro margini più ampi di operatività nell’esercizio della professione.