Il Consiglio di Stato, ribadendo un precedente filone giurisprudenziale, con sentenza n. 2488 del 8 maggio 2013, ha stabilito che la legittimazione a chiedere l’annullamento del permesso di costruire spetta ai proprietari di immobili in zone confinanti o limitrofe con quelle interessate da una costruzione.

Tali soggetti possono impugnare i titoli edilizi non solo perchè  pregiudicano la loro posizione per l’incisione delle condizioni dell’area ma anche per le modifiche all’assetto edilizio, urbanistico ed ambientale della zona ove sono ricompresi gli immobili di cui hanno la disponibilità, senza che sia necessaria la prova di un danno specifico, essendo insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di quella collettività (cfr. Consiglio Stato sez. IV n. 284 del 23/01/2012; Consiglio Stato sez. IV 13 gennaio 2010 n. 72).

Sostiene il Consiglio di Stato che, se “l’art. 31 comma 9 L. 17 agosto 1942 n. 1150 (come modificato dall’art. 10 L. 6 agosto 1967 n. 765) non ha introdotto un’azione popolare, nondimeno ha riconosciuto una posizione qualificata e differenziata in favore dei proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è permessa e a coloro che si trovano in una situazione di “stabile collegamento” con la zona stessa“.

Il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l’annullamento di una concessione edilizia, discende dalla c.d. vicinitas, cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato.

Pertanto non occorre alcuna indagine in merito all’effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione, atteso che “l’esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare” (cfr. Consiglio Stato, Sez. VI 15 giugno 2010 n. 3744).

Autorità: Consiglio di Stato
Data:8 maggio 2013
Numero: 2488