Rapporti societari: L’ingresso degli eredi del socio defunto in una società semplice può desumersi da fatti concludenti.

Secondo il Tribunale di Torino, con sentenza del 29/10/2020 “l’art. 2284 c.c. prevede il necessario consenso dei soci superstiti affinché gli eredi del socio defunto acquistino la qualità di soci. Tuttavia questo consenso può desumersi da fatti concludenti, cioè dal comportamento tenuto dagli altri soci di acquiescienza ovvero non contestazione dei comportamenti degli eredi che agiscono come soci compiendo atti di gestione della società (i.e. il pagamento delle imposte)”.

Il caso.

La sentenza in commento tre origine dall’instaurazione del giudizio posto in essere dalle figlie, nonché eredi, dell’amministratore di una società semplice deceduto, nei confronti degli altri amministratori della stessa, al fine di veder loro riconosciuto la qualità di socie della suddetta società Immobiliare. Le figlie – attrici, infatti, dopo il decesso dell’amministratore sostenevano e dimostravano di occuparsi di fatto di ogni attività connessa alla gestione della società, ivi incluso il pagamento di imposte, tasse e  conseguenti spese.

Questione dibattuta.

Il cuore della vicenda, come rilevato dalle parti convenute, si sofferma sulla disposizione di cui all’art. 2284 del codice civile, la quale prevede il necessario consenso dei soci superstiti al preciso fine di evitare il “subingresso, sovente inconsapevole, nella compagine sociale degli eredi dei soci defunti, nella veste di soci di fatto illimitatamente responsabili”.

Le convenute, in particolare, deducono che, sebbene per le società semplici non sia necessario di regola un atto scritto per l’immissione nella compagine societaria, la società Immobiliare di cui fanno parte le attrici ne richiede invece l’ammissione, in quanto ha come scopo sociale “l’acquisto e la gestione di immobili”. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 1350 c.c., il consenso al subingresso degli eredi del socio defunto, comportando il trasferimento di quote societarie incidenti su beni di natura immobiliare, è soggetto al requisito della forma scritta, non potendosi perciò realizzare per fatti concludenti.

Inoltre, le convenute eccepiscono che – anche a prescindere del requisito della forma scritta – nessuna condotta allegata dalle attrici assume il valore di “fatto concludente” attestante il consenso dei c.d. soci superstiti al subingresso degli eredi dei soci defunti.

 

La decisione

 

Il Tribunale di Torino, partendo dal presupposto che non v’è una specifica e chiara contestazione, da parte delle convenute, in merito agli adempimenti tributari e alle attività di gestione poste in essere dalle attrici, accoglie le domande attoree.

Per quanto riguarda la questione dibattuta, ovvero, il subingresso nella compagine societaria degli eredi del socio defunto, è notorio che debba esserci, ai sensi dell’art. 2284 c.c., il consenso dei c.d. soci superstiti.

Purtuttavia, nel caso in esame, i giudici di merito rilevano che tale volontà negoziale può essere espressa anche tacitamente, ossia, per mezzo di comportamenti concludenti. Infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, la necessità di forma scritta ex art. 1350 c.c. riguarda soltanto il conferimento di beni immobiliari e non il contratto sociale ex art. 2251 c.c. (Cass. Civ. 2000, n. 1613).

Infine, rilevato che le attrici hanno “gestito la società senza che i soci superstiti abbiano in alcun modo manifestato una qualche opposizione” e che, in particolare, le stesse hanno pagato le imposte e le spese di gestione a partire dalla morte dell’ultimo amministratore, comportandosi di fatto come amministratrici e socie della società immobiliare, induce i giudici torinesi a considerare i suddetti comportamenti come una implicita manifestazione negoziale, da parte delle convenute, di accettazione delle attrici nella compagine sociale.

 

Vicenza, lì 13 settembre 2021.