Rifiuto ingiustificato della proposta conciliativa e responsabilità processuale aggravata

Sussiste la responsabilità processuale aggravata ex art. 96, terzo comma, c.p.c. per la parte che rifiuta ingiustificatamente la proposta conciliativa, formulata dal giudice ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c., o che, comunque, non la valuta seriamente ed attentamente (Tribunale di Roma, 30 ottobre 2014).

In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c., il giudice, anche d’ufficio, può condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata a titolo di sanzione civile, per il comportamento illegittimo e per il ristoro del torto complessivamente subito dalla parte vittoriosa, per il solo fatto di essere stata coinvolta inutilmente in giudizio.

Il caso

La vicenda oggetto della pronuncia trae origine da una domanda di accertamento della responsabilità professionale formulata da un cliente nei confronti di un notaio e conseguente richiesta di risarcimento dei danni. Il notaio aderiva solo apparentemente alla proposta del giudice ex art. 185 bis c.p.c., tenendo di fatto un comportamento dilatatorio e scorretto, finalizzato ad eludere il pagamento della somma richiesta.

La decisione

Correttamente il Tribunale di Roma ritiene che ad essere sanzionato non debba essere il semplice rifiuto della proposta (che, tra l’altro, nel caso di specie era stata accettata), ma il complessivo atteggiamento della parte nella valutazione e nella considerazione della stessa, ove tale comportamento risulti sleale.

Secondo il Tribunale, la scorrettezza di tale comportamento deve trovare una propria sanzione processuale nel caso di mancato e ingiustificato rifiuto della proposta conciliativa. In particolare, costituisce specificazione del dovere generale di lealtà e di probità cui sono tenuti sia le parti sia i relativi difensori, ai sensi dell’art. 88 c.p.c., quello particolare di prendere in esame con attenzione e diligenza la proposta conciliativa formulata dal giudice e di fare quanto in potere delle parti stesse per aprire e intraprendere su di essa un dialogo.

Ciò che non è assolutamente consentito in sede processuale è, invece, l’accesso alla superficialità, a un rifiuto preconcetto, a un comportamento sleale e dilatatorio tenuto al solo proposito e all’interesse, non tutelato dalle norme, a protrarre inutilmente la durata e la decisione della causa.