Rimborso delle spese straordinarie dei figli in mancanza di preventivo accordo. Obbligo di comunicazione del dissenso per iscritto entro dieci giorni.

Con la recente ordinanza emessa in data 24 febbraio 2021, n. 5059, la Corte di Cassazione ha chiarito che qualora la spesa straordinaria sia conforme al tenore di vita della famiglia, anche in assenza di accordo, il genitore non collocatario è obbligato al rimborso della quota a lui spettante qualora non abbia manifestato il proprio dissenso per iscritto entro dieci giorni o entro il diverso termine stabilito nel provvedimento di separazione o di divorzio.

Assegno di mantenimento in favore dei figli e spese straordinarie

Come noto, l’assegno di mantenimento viene versato dal genitore non collocatario ed è comprensivo delle spese ordinarie ma non di quelle straordinarie, che invece dovranno essere versate di volta in volta nella misura stabilita nel provvedimento di separazione o di divorzio.

In tema di spese straordinarie, con ordinanza del 15 dicembre 2021, n. 40281, la Suprema Corte ha infatti ribadito che le spese straordinarie per il mantenimento dei figli “per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli”.

Poiché il codice civile non contiene una espressa definizione di spesa straordinaria, nel corso degli anni la maggior parte dei Tribunali italiani ha predisposto protocolli di linee guida.

Tali spese, in ogni caso, vengono suddivise tra quelle che non richiedono il preventivo accordo tra i genitori e quelle che invece necessitano obbligatoriamente del preventivo consenso. Queste ultime devono pertanto essere richieste per iscritto dall’altro genitore, il quale è tenuto a manifestare il proprio dissenso per iscritto entro il termine stabilito nel provvedimento di separazione o divorzio, solitamente di dieci giorni.

Il caso

La vicenda sottoposta al vaglio degli Ermellini riguardava il caso di un genitore non collocatario che, sebbene dovesse contribuire, oltre al mantenimento ordinario, anche alle spese straordinarie dei figli nella misura del 50% con obbligo di comunicazione del proprio eventuale dissenso per iscritto entro dieci giorni, si era rifiutato di rimborsare al genitore collocatario le spese sostenute per iscrivere i figli a scuole private e per delle visite mediche private ma senza osservare il suddetto termine di dieci giorni.

Il genitore collocatario, di conseguenza, adiva il Tribunale competente per ottenere la condanna del genitore non collocatario al rimborso della metà delle spese sostenute; il Tribunale, accogliendo il ricorso per ingiunzione, emanava decreto ingiuntivo che veniva poi inutilmente opposto dal genitore non collocatario. Il gravame del genitore non collocatario veniva rigettato anche dalla Corte d’Appello avverso la cui sentenza quest’ultimo proponeva ricorso in Cassazione.

La decisione

La Suprema Corte nella pronuncia in esame, disattendendo l’orientamento maggioritario, che ribadisce invece la necessità del preventivo consenso sulle spese straordinarie ai fini del rimborso da parte del genitore che non le ha anticipate, afferma che in capo al genitore collocatario, in alcuni casi, non sussiste alcun obbligo di richiedere l’autorizzazione preventiva all’altro genitore per la determinazione delle spese straordinarie nell’interesse del figlio.

Per gli Ermellini, infatti, in tema di separazione personale non sussiste a carico del coniuge affidatario della prole un onere di informazione e concentrazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, fermo restando che nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, laddove non sia rispettato il termine di dieci giorni per la comunicazione del proprio dissenso o comunque il diverso termine previsto nel provvedimento di separazione o di divorzio, spetta sempre al giudice di merito verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.

Il ricorso del genitore non collocatario, pertanto, è stato rigettato in quanto, secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello aveva correttamente accertato che il termine di dieci giorni previsto nel provvedimento di separazione era inutilmente spirato, aveva poi verificato l’effettività delle spese sostenute dal genitore collocatario nonché l’infondatezza delle ragioni di dissenso dell’altro genitore rispetto alle decisioni di iscrivere i figli a scuole private e di portarli a visite mediche private, tenendo conto sia degli interessi dei figli e delle abitudini dei genitori nell’educazione degli stessi sia dell’agiato tenore di vita familiare.