La Corte di Cassazione con sentenza n. 3196 del 7 febbraio 2017 ha confermato nuovamente che le società pubbliche sono assoggettabili a fallimento.

Occorre premettere che per “società pubbliche” s’intende comunemente il fenomeno delle società per azioni, più raramente s.r.l., participate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. La relativa partecipazione normalmente non muta la natura, di per sè privata, dell’ente societario.

Tra le società pubbliche sono comprese anche le società c.d. in house providing, ossia quelle società che invece di affidare all’esterno determinate prestazioni, provvedono in proprio (in house) all’esecuzione delle stesse, affidando l’esecuzione dell’appalto o la titolarità del servizio ad altra entità giuridica senza gara.

Il Collegio, concordemente alla precedente sentenza n. 22209 del 2013 ha affermato che: “In tema di società partecipate dagli enti locali, la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità.”.

Non è infatti rilevante la soggezione al potere di vigilanza e di controllo pubblico ai fini del rispetto della correttezza nell’espletamento del servizio comunale. Il potere di vigilanza riguarda piuttosto l’attività operativa della società nei suoi rapporti con l’ente locale o con lo Stato, e non riguarda i suoi rapporti con terzi.

Fonte: Cass.civ., 07.02.2017, n. 3196