Successioni: il valore della consulenza di parte nella prova della falsità del testamento olografo.

 

Stabilisce la Cassazione civile, sez. VI – 2, ordinanza 5 giugno 2020, n. 10659 che “nell’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione apposta al testamento olografo, il giudice di merito può – motivando in maniera logica e coerente – preferire la consulenza di parte alla relazione del CTU (nella specie, la consulenza d’ufficio è stata ritenuta in parte attendibile, essendo stata fuorviata dall’erroneo presupposto che la sottoscrizione apposta in calce a una richiesta di fornitura idrica fosse sicuramente riferibile alla testatrice, come invece era sicuramente a dirsi per le altre sottoscrizioni, contenute in atti pubblici, e dalle quali si rilevava l’evidente difformità rispetto alla firma apposta in calce al testamento)”.

Il caso. G., marito della defunta O., ereditava ex lege un bene immobile, il quale era poi trasmesso, nuovamente tramite successione ab intestato, alla seconda moglie S., la quale disponeva a sua volta del bene per testamento a favore di M.

E. produceva un testamento olografo di O., nel quale lo stesso disponeva dell’immobile a suo favore; E. conveniva in giudizio M. chiedendo l’accertamento della piena proprietà del bene in capo all’attrice.

Esperita la CTU grafologica, il Tribunale accoglieva la domanda di E.; la sentenza veniva appellata, e la Corte di appello, disattendendo le conclusioni del CTU, valorizzava quelle del consulente di parte nominato da M., il quale aveva rilevato l’inattendibilità della scrittura di comparazione utilizzata dal CTU rispetto ad alte che non lasciavano dubbi sulla riferibilità alla testatrice. Proponeva ricorso per Cassazione E., in sostanza lamentando che la Corte di secondo grado avesse fondato il proprio convincimento su una consulenza di parte.

 

La soluzione.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, in quanto, nell’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione apposta al testamento olografo, il giudice di merito può preferire la consulenza di parte alla relazione del CTU, pur se motivando in maniera logica e coerente.

La vicenda concerne la controversa dimostrazione dell’autenticità ovvero dell’apocrifia della firma apposta al testamento olografo, la quale risulta essere particolarmente delicata e sovente attribuita ad un consulente grafologico.

Sul tema, dirimente è stato l’intervento delle Sezioni Unite, 15 giugno 2015, n. 12307, le quali hanno affermato che la parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo.

Successivamente è intervenuta la Cassazione civile, 6 marzo 2019, n. 6460, la quale ha affermato che il giudice di merito non è vincolato da alcuna graduatoria tra le fonti di accertamento dell’autenticità: egli può utilizzare anche scritture prodotte dalla parte diversa da quella che ha proposto l’istanza di verificazione, in virtù del generale principio dell’acquisizione della prova.

Più in generale, la Cassazione civile, 21 novembre 2019, n. 30364, ha ribadito che le consulenze tecniche di parte non costituiscono mezzi di prova ma allegazioni difensive di contenuto tecnico che, se non confutate esplicitamente, devono ritenersi implicitamente disattese. Tuttavia, quando i rilievi contenuti nella consulenza di parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d’ufficio e adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.