Con una recente sentenza in tema di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione ex art. 2051 c.c., la Corte di Cassazione ha precisato che, “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, connotandosi per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. Cionondimeno, è viziata da motivazione apparente e contraddittoria la sentenza che, pronunciandosi sulla domanda di risarcimento ex art. 2051 c.c., contestualmente affermi che il vizio della cosa era lieve e che lo stesso risultava facilmente percepibile dal danneggiato” (Cass. civ. Sez. III, 26/10/2022, n. 31702).

Il caso

A.A. cita in giudizio innanzi al Tribunale di Lamezia Terme il Comune di (Omissis) chiedendo il risarcimento del danno cagionato dalla caduta per essere inciampata in un tombino dissestato e ribassato rispetto alla sede stradale, non visibile e non segnalato.

Il Tribunale adito accoglie parzialmente la domanda, riconoscendo il concorso di colpa della danneggiata nella misura del 30% e condannando il Comune al pagamento di una somma di denaro.

Avverso detta sentenza propone appello il Comune.

Si costituisce, quindi, la parte appellata A.A. chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale.

Con sentenza di data 17 aprile 2018 la Corte d’appello adita accoglie l’appello principale, rigettando la domanda. Secondo la Corte, la condotta negligente del danneggiato, “desumibile per presunzione dalla agevole visibilità della situazione di fatto con l’ordinaria diligenza”, integrava il caso fortuito di cui all’art. 2051 c.c. – secondo cui Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

In particolare, la Corte osserva che il difetto di ordinaria diligenza da parte della danneggiata, desumibile dall’agevole avvistabilità dello stato dei luoghi, in area ben nota alla medesima danneggiata, aveva determinato l’assenza di nesso di causalità fra l’esistenza del dislivello di pochi centimetri – da un solo lato del tombino – e la caduta, dovendosi qualificare come fortuito il comportamento tenuto dalla danneggiata in prossimità di un tombino che di per sè doveva costituire per l’utente della strada motivo di maggiore attenzione.

La danneggiata ha proposto ricorso per cassazione.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., giacché non si comprende come possa essere stato ben visibile l’avvallamento, se lieve e non costituente una rilevante anomalia; invero, il carattere modesto del dislivello del tombino ha comportato una minore percepibilità dello stesso e l’impossibilità di prevederlo con l’adozione delle normali cautele, per cui la condotta della danneggiata non può avere interrotto il nesso causale fra il fatto e l’evento dannoso e non poteva integrare il caso fortuito.

Tale primo motivo viene ritenuto fondato dalla Suprema Corte.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, connotandosi per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (fra le tante da ultimo Cass. 17 novembre 2021, n. 34886; 3 aprile 2019, n. 9315).

Il giudice di appello ha affermato che la caduta si era verificata su “un tombino posto ad un livello inferiore rispetto alla sede stradale limitatamente ad un solo lato”, ossia più basso da un lato di circa 4-5 centimetri rispetto alla sede stradale, e che pertanto ricorreva un lieve avvallamento del manto stradale tale da non consentire una rilevante anomalia della res, concludendo tuttavia nel senso che l’anomalia, integrante il rischio percepibile, fosse ben visibile.

Pertanto, mentre da una parte si riconosce la ricorrenza di un lieve avvallamento rappresentato da un abbassamento, da un solo lato, di circa 4-5 centimetri rispetto alla sede stradale, tale da non costituire una rilevante anomalia della res, dall’altra si dice che l’anomalia era ben visibile.

Secondo la Corte, la motivazione della Corte si basa su affermazioni inconciliabili: se l’anomalia non è rilevante, il rischio non è percepibile e allora la condotta colposa della danneggiata non dovrebbe rilevare sul piano eziologico; se l’anomalia è ben visibile, vuol dire che è rilevante, e dunque il rischio è percepibile, da cui la rilevanza causale della condotta colposa della danneggiata.

La decisione

In accoglimento del primo (e del secondo) motivo del ricorso, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro.