Quali profili di responsabilità possono delinearsi quando una società, che ha avviato delle trattative per la vendita di una quota societaria, decide di non perfezionare la cessione e di annullare l’operazione in corso? Può tale società essere chiamata a rispondere per responsabilità precontrattuale?

Il nostro Codice Civile all’art. 1337 prevede che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.

In dottrina la natura della responsabilità precontrattuale è controversa, mentre nella giurisprudenza è ben consolidato l’orientamento che ne riconosce la natura extracontrattuale (Cass. Civ. n. 4051 del 1990; Cass. Civ. n. 9645 del 2001). Ciò significa che la culpa in contrahendo, ossia la condotta di chi violi la regola di buona condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione di un contratto, costituisce un comportamento di per sé idoneo ad integrare un illecito aquilano, cui vanno applicate le relative regole in tema di onere della prova (a carico dell’attore/danneggiato), termine di prescrizione (5 anni) e danno risarcibile (danno emergente e lucro cessante).

Si precisa che tale obbligo di correttezza e buona fede nelle trattative deve essere inteso in senso oggettivo, sicchè non è necessario un particolare comportamento di malafede, determinato dall’intenzione di uno dei contraenti di arrecare pregiudizio all’altro, ma è sufficiente anche il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte che senza giustificato motivo ha interrotto le trattative, eludendo così le aspettative della controparte.

 

La regola di buona fede: il dovere di non recedere dalle trattative senza giusta causa.

L’ipotesi tradizionale in cui si ravvisa una violazione dell’obbligo precontrattuale di buona fede è il caso del recesso senza giusta causa da trattative che siano giunte ad uno stadio di avanzamento tale da ingenerare nell’altro contraente un legittimo affidamento circa la conclusione del contratto (ex multisCass. Civ. n. 1786 del 2015; Cass. Civ. n. 1051 del 2012; Cass. Civ. n. 5830 del 1999; Cass. Civ. n. 5610 del 1980). Nel dettaglio, l’affidamento in ordine alla stipula del contratto è ragionevole e giustificato quando sussistono elementi oggettivi che facciano ritenere serie le trattative, per capacità delle parti, durata e stato della contrattazione, e per la considerazione degli elementi essenziali del contratto da concludere. Con tali presupposti, un recesso dalle trattative senza giustificato motivo o compiuto in mala fede può ritenersi illecito.Viceversa, comportarsi secondo buona fede nelle trattative significa, in sostanza, non creare nella controparte l’ingiustificato affidamento sulla serietà dell’intenzione di voler concludere il contratto.

Ne consegue che, nella fase antecedente alla conclusione di un contratto, le parti hanno in ogni tempo piena facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione e di richiedere tutto quanto ritengano opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future obbligazioni, con conseguente libertà, per ciascuna di esse, di recedere dalle trattative indipendentemente dalla esistenza di un giustificato motivo, con il limite però del rispetto del principio di buona fede e correttezza, da intendersi anche come dovere di informazione della controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze significative rispetto all’economia del contratto medesimo (Cass. Civ. n. 5297 del 1998).

 

Trattative per operazioni societarie e responsabilità precontrattuale.

Per quanto riguarda le acquisizioni di partecipazioni societarie, di norma, queste sono precedute da una lunga fase preliminare di trattative e dall’attività di due diligencecondotta da parte del potenziale acquirente. Quando queste negoziazioni però non conducono ad un esito positivo mediante la conclusione del contratto di acquisizione, tale fallimento può determinare profili di responsabilità precontrattuale.

Nel caso di operazioni di acquisizione di azienda, rami d’azienda o compravendita di partecipazioni, al fine di valutare eventuali responsabilità, occorrerà in primis prendere in considerazione la cd. LOI o il cd. MOU. Infatti, nelcaso di negoziazioni complesse come quelle concernenti l’acquisto di partecipazioni sociali, le trattative sono generalmente precedute da un documento preliminare, denominato letter of intent (LOI) ovveromemorandum of understanding (MOU).

Ovviamente, ogni documento di questo tipo avrà un contenuto variabile e declinato in maniera specifica al caso concreto, tuttavia è possibile individuarne un contenuto tipico: in primis tali documenti illustrano i tratti essenziali dell’operazione contrattuale così come prefigurata dai contraenti, dopodichè in essi le parti solitamente specificano che il documento non è vincolante e che, dunque, non obbliga alla conclusione del contratto. Il contenuto di questi documenti non dovrebbe mai prestarsi ad interpretazioni che possano far ritenere che un accordo sia stato già raggiunto, ma al contrario  dovrebbero inequivocabilmente precisare i limiti delle attività inerenti alle valutazioni e agli accertamenti preparatori in corso al fine di valutare la fattibilità dell’operazione societaria che verrà eventualmente perfezionata solo successivamente. La lettera di intenti non costituisce contratto preliminare. Essa esprime la volontà delle parti, che generalmente è solo quella di procedere con le negoziazioni. Proprio al fine di evitare dubbi interpretativi, è certamente consigliabile inserire nella lettera di intenti una clausola espressa di non vincolatività.

In ogni caso, per costante giurisprudenza, anche laddove non vi fosse tale specificazione, la lettera di intenti si deve comunque presumere come non vincolante.

Si segnalano alcune pronunce significative sul tema:

– “Le parti che, con riferimento ad una scrittura privata, abbiano per essa usata la formula “lettera di intenti”, adottando un’espressione con cui, nel linguaggio commerciale, si  esprimono i propositi dei futuri contraenti nella fase delle trattative precontrattuali che precede la stipulazione di un negozio soltanto eventuale (e, pertanto, non doveroso per i suoi sottoscrittori), mostrano l’esclusivo intento di predisporre le clausole da recepire nel futuro contratto nell’eventualità della positiva conclusione delle trattative stesse” (Cass. Civ., Sez. I., sent. n. 4853 del 1998).

– La lettera di intenti costituisce una mera manifestazione di interesse tramite la quale le parti concordano l’esclusiva e la riservatezza, oltre che i comportamenti ritenuti dalle stesse una specificazione dell’obbligo di buona fede (Trib. di Rimini, sent. n. 94 del 2022).

– È esclusa la configurabilità della responsabilità precontrattuale laddove una parte si ritira dalla trattative per la compravendita di una quota sociale atteso che dopo la sottoscrizione della lettera di intenti sono emerse divergenze riguardanti aspetti rilevanti dell’operazione (Trib. di Torino, sent. n. 1663 del 2020).

– È legittimo il recesso dalle negoziazioni d parte del potenziale acquirente dopo che gli esiti della due diligence successiva alla prima lettera di intenti ha evidenziato un’evidente situazione di squilibrio finanziario della società target  (Trib. Torino, sent. n.  1021 del 2020).

– “In tema di responsabilità precontrattuale ai sensi dell’ art. 1337 c.c., se lo svolgimento delle trattative è, per serietà e concludenza, tale da determinare un affidamento nella stipulazione del contratto, la parte che ne receda senza giusta causa, violando volontariamente l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, è tenuta al risarcimento dei danni nei limiti dell’interesse negativo” (Trib. di Vicenza, sent. n. 84 del 2022).

– “Ai fini dell’accertamento della responsabilità precontrattuale, il giudice di merito, dopo aver individuato il comportamento della parte che si assume contrario ai doveri di correttezza, deve altresì considerare l’idoneità di tale condotta ad ingenerare nella controparte l’idea di una rottura ingiustificata delle trattative e in tale valutazione non può prescindere dal comportamento tenuto dalla stessa parte adempiente” (Trib. di Rimini, sent. n. 829 del 2021).

-“Le lettere di intenti si collocano nella fase delle trattative negoziali, tuttavia, a differenza delle minute di contratto – che esprimono le clausole sulle quali è già stato raggiunto l’accordo – le lettere di intenti esprimono principalmente l’impegno a trattare o a proseguire lealmente la trattativa.Nelle lettere di intenti – che possono collocarsi nella fase iniziale o, più spesso, intermedia della trattativa – le parti indicano solitamente alcuni impegni, p.e.: obblighi di riservatezza sulle notizie apprese durante la trattativa; obblighi di disclosure di determinati aspetti rilevanti per lo svolgimento della trattativa; obblighi di rispetto di tempi e luoghi di svolgimento delle trattative; obblighi di non intrattenere trattative parallele con soggetti concorrenti o, comunque, terzi ecc.Secondo la nozione astratta ed ormai tipizzata nella prassi, le lettere di intenti, al pari delle altre scritture preparatorie, non producono, quindi, alcun vincolo a contrarre un futuro contratto né preliminare né definitivo” (Trib. di Milano, sent. 6477 del 2021).