Ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione, l’art. 1158 c.c. richiede un possesso continuo ed ininterrotto per vent’anni da parte del possessore. Lo stesso deve comportarsi, inoltre, come se fosse il vero proprietario, ovvero uti dominus.

Ai fini della prova dell’avvenuta usucapione di un bene immobile, occorre precisare che il mero utilizzo dello stesso ai fini dell’esercizio dell’attività d’impresa non è sufficiente.  L’attività materiale deve, infatti, essere integrata da indizi che consentano di presumere che l’attività sia stata svolta uti dominus.

In tal senso si è pronunciato il T.A.R di Roma in seguito al ricorso proposto da una società cinematografica nei confronti di un società terza. Quest’ultima era entrata nel possesso di una delle sale concesse in locazione dalla ricorrente in seguito ad una lunga serie di cessioni contrattuali.

La ricorrente chiedeva che venisse ordinato il rilascio dell’immobile in quanto occupato senza alcun valido titolo da parte della società chiamata in causa. La convenuta, invece, eccepiva l’avvenuto acquisto per usucapione della stessa.

L’animus possidendi della convenuta, però, era da escludere radicalmente. Ciò proprio a causa della lunga sequela di cessioni del ramo di azienda relativo al fabbricato in questione. La disponibilità dello stesso, infatti, risultava ancorata esclusivamente al contratto di locazione risalente a decide di anni prima.

Tale titolo non è idoneo a conferire il possesso, bensì la mera detenzione del bene. Quest’ultimo, di conseguenza, non poteva in alcun modo essere acquistato per usucapione.

Autorità: T.A.R. di Roma

Data: 06/04/2016

Numero: 4157

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