AUMENTO DEI PREZZI:
COME CHIEDERE LA MODIFICA DELLE CONDIZIONI CONTRATTUALI

A fronte pandemia e delle recenti tensioni internazionali vi è stato un forte aumento dei prezzi delle materi prime che ha reso squilibrati e non sostenibili dei contratti sottoscritti in epoca anteriore.
Piccole e medie imprese si trovano a dover fronteggiare tali aumenti con chiaro riverbero su ordini/acquisti nei confronti dei clienti/fornitori.
 
Quali le soluzioni adottabili?
 
Premesso che è necessario analizzare la singola fattispecie concreta ed esaminare il contenuto dello specifico contratto, caso per caso, tenendo in considerazione sia il tipo di contratto (compravendita, fornitura, appalto ecc.) sia l’esistenza o meno di specifiche clausole (su prezzo, impossibilità della prestazione ecc.), esistono, tuttavia, alcune clausole ricorrenti nella prassi ed alcuni rimedi previsti dall’ordinamento giuridico, e che stiamo che sono applicabili ad ogni rapporto contrattuale e che si possono scegliere di attivare.

Alcuni esempi:
 
1) Clausola espressa di revisione del prezzo.
In primis è possibile che lo stesso contratto stipulato dalle parti contenga una clausola di revisione del prezzo: tale clausola può prevedere l’adeguamento automatico di un prezzo in considerazione dell’aumento di determinati costi; oppure tale clausola può semplicemente prevedere che le parti, con accordo integrativo/modificativo, possano apportare delle modifiche di prezzo durante l’esecuzione del contratto.
 
2) Clausola di forza maggiore.
La clausola di forza maggiore va a disciplinare gran parte delle problematiche che si presentano nel contesto della forza maggiore, ovvero quelle circostanze non imputabili alle parti che comportano l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni contrattuali (scioperi, calamità naturali, guerre, ecc.). In questi casi la parte che non può dare esecuzione al contratto per il verificarsi di una causa maggiore, non è ritenuta responsabile e pertanto non sarà tenuta al risarcimento del danno (inadempimento non imputabile).
 
3) Hardship clause.
La hardship clause è la clausola, tipica del commercio internazionale, che disciplina le ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta, tali da comportare un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra, a causa di fatti sopravvenuti alla conclusione del contratto. Tale clausola solitamente prevede la definizione dell’evento di hardship (evento alterante l’equilibrio contrattuale) e predispone le modalità con cui le parti devono procedere a una nuova fase di negoziazione per riportare l’equilibrio tra le prestazioni. La rinegoziazione può avvenire anche tramite l’intervento di un terzo. Tale clausola dunque individua i rimedi applicabili al verificarsi di dette circostanze (es. aumento incontrollato dei prezzi).
 
4) Obbligo di rinegoziazione secondo l’esecuzione di buona fede ex art. 1375 c.c.
In generale il contraente può avvalersi del principio sancito dall’art. 1375 c.c. che impone degli obblighi di reciproca collaborazione. Il principio di correttezza e buona fede enuncia un dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione che, operando come criterio di reciprocità, impone a ciascuna parte del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra. Ne consegue che, a fronte di un sopravvenuto aumento dei costi non imputabile al contraente, l’altro sarà tenuto ad agire in buona fede nell’esecuzione del contratto e sarà obbligato a rinegoziare il contratto per ricondurlo ad equità. Il principio di lealtà di condotta, infatti, deve presiedere all’esecuzione del contratto a protezione del complessivo assetto di interessi che ha dato vita all’originario equilibrio contrattuale.

5) Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.
Nei contratti a esecuzione continuata, periodica o differita, la parte che, a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili, è tenuta ad adempiere ad una prestazione divenuta eccessivamente onerosa rispetto a quanto pattuito ab origine, può rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiedere la risoluzione del rapporto contrattuale. Lo scioglimento del contratto può essere invocato solo se la sopravvenuta onerosità non rientra nella normale alea del contratto. La controparte, se interessata alla conservazione del rapporto contrattuale, può offrire di modificarne equamente le condizioni.
 
6) Revisione del prezzo nel contratto di appalto (pubblico o privato) ex art.1664 c.c
Nei contratti di appalto, qualora per circostanze imprevedibili, il costo dei materiali o della mano d’opera siano aumentati tanto da determinare un aumento del prezzo superiore al 10% del prezzo complessivo originariamente convenuto, l’appaltatore può chiedere una revisione del prezzo.
Se peraltro, nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione per cause geologiche, idriche e simili, non previste, che rendano le prestazione dell’appaltatore notevolmente più onerosa, questi ha diritto ad un equo compenso.
 
In conclusione: 
Alla luce di questa analisi, è essenziale per le imprese conoscere quali rimedi contrattuali possono essere esperiti e quali previsioni normative possono essere richiamate, al fine di ottenere un riequilibrio delle prestazioni delle parti, nell’intento, se del caso, di salvaguardare quelle relazioni commerciali che sono state costruite faticosamente nel tempo.
La miglior soluzione da adottare andrà dunque valutata caso per caso.

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