Vacanza rovinata: il sì della Cassazione al riconoscimento dei danni morali

Come noto, il danno da vacanza rovinata, quale categoria di danno non patrimoniale ex art. 2051 c.c., può essere definito come quel pregiudizio arrecato al turista per non aver potuto godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere, svago o riposo, senza soffrire il disagio psicofisico che accompagna la mancata realizzazione in tutto o in parte del programma previsto.

La normativa di riferimento

Il D. Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del Turismo), offre agli artt. 32-51 una disciplina organica dei pacchetti turistici e dei diritti del turista secondo i principi assorbiti dal Codice del Consumo, dalla Carta dei servizi pubblici e dalle disposizioni sulla composizione in mediazione delle controversie in materia di turismo.

Il danno da vacanza rovinata: l’art. 47 del Codice del Turismo

Il Codice del Turismo offre oggi un pieno riconoscimento normativo al diritto al risarcimento da vacanza rovinata, dopo diversi anni di elaborazione giurisprudenziale.

Infatti, quando le aspettative del turista vengono disattese perché la qualità dell’alloggio, dei trasporti e dei servizi non corrisponde allo standard promesso con l’acquisto del pacchetto all-inclusive, è ben possibile per quest’ultimo chiedere il risarcimento del danno nei confronti dell’agenzia di viaggi e del tour operator (l’organizzatore). Ciò in quanto, la finalità della vacanza e dello svago emerge dal contenuto del contratto come quell’elemento essenziale che gli operatori incaricati sono tenuti a garantire secondo gli accordi conclusi.

In altre parole, il mancato godimento della vacanza legittima pienamente, indipendentemente dalla risoluzione del rapporto, la richiesta di risarcimento da parte del turista, correlata al tempo inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta, quando l’inadempimento o l’inesatta esecuzione delle prestazioni è non di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c.

Quanto ai termini per proporre la domanda di risarcimento, il turista potrà far valere le sue ragioni per le rispettive responsabilità nei confronti dell’agenzia di viaggi e del tour operator (l’organizzatore) entro tre anni dal rientro nel luogo di partenza per i danni alla persona, mentre, in tema di inadempimento delle prestazioni di trasporto comprese nel pacchetto, il termine ex art. 2951 c.c.è di diciotto o dodici mesi a seconda che il trasporto inizi o si concluda in Europa o fuori.

Per i danni patrimoniali diversi da quelli alla persona (le spese aggiuntive, ad esempio, sostenute per i disservizi subiti), invece, la domanda dovrà invece essere presentata entro un anno dal rientro del turista nel luogo della partenza.

La recente pronuncia della Corte di Cassazione

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso di vacanza rovinata, il turista ha diritto anche al riconoscimento dei danni morali.

Gli Ermellini, con sentenza n. 20 febbraio 2023, n. 5271, hanno affermato che l’espressione “danni alla persona” contenuta nell’art. 44 del D. Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del Turismo) deve infatti essere interpretata come omnicomprensiva di tutti i danni di carattere non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., ivi compresi i danni morali da vacanza rovinata.

Nel caso di specie, una coppia conveniva in giudizio un’agenzia turistica per chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito di disservizi nel trasporto e nella sistemazione alberghiera.

In tale occasione, la Suprema Corte ha ricordato che il turista ha diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, come il disagio psicofisico, che si verifica quando non viene realizzata o viene realizzata solo in parte a causa di inadempimenti contrattuali. Due i passaggi logici della pronuncia in esame.

In primo luogo, gli Ermellini ricordano che l’art. 47 del Codice del Turismo prevede espressamente il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico. In particolare, qualora l’inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.

L’art. 44 del Codice del Turismo, che fissa in tre anni il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento dei danni, alla luce di quanto premesso, deve pertanto essere interpretato nel senso che tra i danni alla persona sono compresi anche quelli morali, posto che, l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. impone di intendere i danni non patrimoniali come categoria ampia ed unitaria concernente la lesione di interessi inerenti la persona.